Lo stadio Artemio Franchi di Firenze. Foto: Luca Fanfani/Fiorentinanews.com©
Lo stadio Artemio Franchi di Firenze. Foto: Luca Fanfani/Fiorentinanews.com©

C'è una data spartiacque per il rifacimento del Franchi ed è quella del 25 novembre. In quel giorno, il direttore generale della Fiorentina, Joe Barone, fece la sua uscita pubblica in TV, parlando per la prima volta, dopo lunghissimo tempo di “progetto serio” e annunciando la disponibilità del club. 

Prospettive un po' cambiate

Da allora ad oggi, le prospettive sono un po' cambiate. Un po', non ancora in modo deciso, anche perché mancano soldi all'appello e non è chiaro dove e come sia possibile recuperarli. Senza contare il fatto che lo stesso Barone ha poi proseguito tenendo una linea ondivaga. Le sue parole pronunciate durante il brindisi natalizio, a scartamento molto ridotto, coi giornalisti, riportate da La Repubblica e Il Tirreno, con riferimenti continui all'interlocutore comunale, erano critiche, eccome. 

L'amico Abodi

Però qualcosa si è mosso in questo periodo. C'è una ditta incaricata di fare lavori, c'è un dialogo in atto, manca solo che esca allo scoperto la parte governativa, impersonificata nel ministro dello Sport, Andrea Abodi, ‘amico’ della Fiorentina e più volte chiamato in causa, ancora da Barone

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Ma dove giocherà la squadra? 

Oltre ai fondi che mancano per completare il progetto originale, c'è un altro problema di fondo: dove giocherà la squadra viola durante i lavori? E qui si apre una bella telenovela nella telenovela. 

Scartata definitivamente l'ipotesi Empoli, non ci resta che Firenze. Ma Firenze per la Fiorentina significa solo restare al Franchi, soluzione impossibile se resta la mannaia di dover chiudere i lavori per forza entro il 2026. In questo senso si continuano a fare riferimenti impropri: “Eh, ma a Udine e Bergamo è già accaduto che le squadre rimanessero a giocare durante i lavori di rifacimento del loro stadio”. Sì, tutto giusto, ma c'è un piccolissimo particolare che viene ignorato: né l'Atalanta, né l'Udinese avevano una data di scadenza (o meglio di consegna), imposta, dei loro stadi. Avevano a disposizione fondi diversi che potevano essere gestiti a piacimento, qui, in larga parte no. E non è cosa da poco. Mentre il Padovani va ‘incontro alla sua sorte’ ed ha tempi differiti rispetto alle esigenze di tutti, insomma il classico cul de sac.

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