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Il paragone, purtroppo, è inevitabile. Lo temevamo tutti e, adesso che il mercato invernale ha chiuso i battenti, si presenta concreto e impietoso. La Fiorentina 2023/2024 di Vincenzo Italiano come quella 2015/2016 di Paulo Sousa: bella, in alto in classifica… e abbandonata a sé stessa. All’epoca furono Tino Costa, Zarate, Tello, Kone e Benalouane, oggi sono Faraoni e Belotti, ma la sostanza non cambia: il mercato, quello che poteva servire a migliorare significativamente la squadra, ha invece spento l’entusiasmo (e forse la pazienza) dei tifosi.

Pare parecchio il 2016

Allora si trattò, di fatto, del colpo di grazia sull’avventura di Diego e Andrea Della Valle a Firenze. L’inizio della fine, l’abbattimento delle ambizioni di una squadra che da lì in poi avrebbe raccolto delusioni sempre più cocenti. Una società in autofinanziamento che portò la Fiorentina a sfiorare la Serie B, prima dell’inevitabile cessione nell’estate del 2019. Rispetto a otto anni fa la situazione è diversa nelle premesse, perché c’è una proprietà relativamente “nuova” e “giovane”, ma non nei fatti. Tutto si può dire tranne che gli innesti di Faraoni e Belotti rispecchino la volontà di rinforzare una rosa che, tutt’ora, presenta delle lacune enormi tanto nei titolari quanto nelle alternative. Ai Della Valle Firenze non perdonò quel mercato invernale, chissà se lo farà con Rocco Commisso.

Italiano come Paulo Sousa?

L’altra potenziale analogia è quella tra Paulo Sousa e Vincenzo Italiano, sebbene il primo - al contrario del secondo - non fosse certo un aziendalista. Il portoghese non mancò di manifestare la propria delusione per l'operato societario e lo fece tanto nelle dichiarazioni quanto nell’atteggiamento, perdendo pian piano l’entusiasmo: la Fiorentina arrivò quinta in quel campionato e addirittura ottava nel successivo, che coincise con la fine dell’avventura di Sousa. Se Italiano ne seguirà la orme, soltanto il tempo potrà dircelo. Firenze spera di no, perché nonostante tutto questa stagione può ancora regalare delle soddisfazioni, ma se il mister a giugno dovesse salutare ci sarebbe ben poco da sorprendersi.

Se non è “vivacchiare” questo…

Cosa si può dire, dunque, del mercato appena concluso? Che ancora una volta è mancata la voglia, o forse la capacità, di programmare e di agire. I problemi della Fiorentina erano noti da tempo, dal rendimento di certi giocatori agli infortuni che ne hanno messi fuori gioco altri, eppure non è bastato. Non si è riusciti a bloccare in anticipo uno Ngonge qualunque, facendone lievitare il prezzo fino a una cifra senza senso, né a fare quello sforzo da 30 milioni che avrebbe regalato a Italiano un signor giocatore come Gudmundsson. Faraoni in prestito con diritto di riscatto, Belotti in prestito secco, spesa totale meno di due milioni. Se non è “vivacchiare” questo poco ci manca, ma con una differenza sostanziale rispetto al recente passato: di Champions ed Europa League, di campioni come Toni, Mutu e Giuseppe Rossi, negli ultimi cinque anni a Firenze non se n’è vista neanche l’ombra

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