Non è una questione di modulo e (non solo) di identità. La strada della Fiorentina di Palladino rompe con il passato e instaura nuovi sottili principi
La nuova Fiorentina ha sorriso per la prima volta, grazie al successo contro la Lazio arrivato oltre un mese dopo l’inizio di stagione. Non sono state partite semplici, guidate da uno sgradevole senso di smarrimento altamente giustificato dalla necessità di tempo. “Eppur si muove” qualcosa, ci sono progressi. E piano piano vengono a galla i principi del tecnico Palladino, pur sempre in forma di bozza un po’ accartocciata.
Chiavi in mano ai leader, emerge la personalità
Il primo aspetto da sottolineare, fin qui il più evidente, è la centralità dei calciatori di spessore, soprattutto “grazie” a un naturale disordine che consegna le chiavi a chi ha le qualità per prenderle in mano. E tutto quel contorno di curriculum, di mezzi tecnici, di caratteristiche, fa parte di un caposaldo chiamato personalità. Prima Kean, poi Gosens, poi soprattutto Gudmundsson: spazio e libertà ai trascinatori, qualcosa di tutt’altro che sorprendente ma Firenze non è stata abituata, negli ultimi anni, a leader di tale rilievo.
Ma è davvero una questione di modulo?
Subentra, poi, il cambio di modulo visto proprio contro la Lazio. In difesa si è passati da tre a quattro, in fase di possesso la manovra d'attacco è cambiata tante volte in 90 minuti; un tema che ha inondato il mare di ipotesi e che tiene banco anche per quanto riguarda il resto della stagione. Insieme alla ricerca dell’identità della squadra, sono questi gli argomenti più gettonati. Ciononostante, il nocciolo della nuova Fiorentina tende paradossalmente a ribaltare la prospettiva e a poggiarsi su principi molto diversi.
Cambia il contesto, cambiano i principi: forte discontinuità
Per tre stagioni, per altro particolarmente intense, Firenze è stata abituata a un’identità ferma sui suoi passi targata Italiano: pochi piani B a disposizione, piuttosto la ripetitività di un’impronta forte, quasi ostinata, divenuta la risorsa principale (nel bene o nel male). Palladino, in questo senso, ha instaurato una netta discontinuità col passato: “Non sono un integralista. Credo nei principi di gioco, non uso un solo sistema e mi piace cambiare”, così durante la prima conferenza stampa. C’è un unico filo che lega i due cicli, ovvero l’alta percentuale di rischio, manifestata in modo quasi opposto.
Esiste un problema identità? Ago della bilancia in mano a Palladino
L’attuale allenatore viola apre alle sperimentazioni e alza l’attenzione all’avversario, al contesto, all’andamento della partita. Un bilanciamento, logicamente, inversamente proporzionale: maggiore applicazione e cautela nell’adattamento, minore “caratterizzazione” del proprio gioco. L’identità, dunque, è un problema? Domanda a cui la Fiorentina provvederà a rispondere con nuove risorse, come l’esaltazione dei propri migliori giocatori e la varietà di soluzioni; in questo senso, un sistema come il simil 4-4-2 può aiutare, essendo predisposto a tante varianti.
La versatilità porta nuovi pericoli
Ingeneroso escludere la non-esperienza di Palladino, arrivato all’avventura più importante della sua carriera con tanto da imparare e con un’impronta da scoprire. Se farà della versatilità la sua forza, la ricerca della rappresentatività non sarà necessariamente tra le priorità nelle scelte. A quel punto, però, ciò a cui fare tanta attenzione è il confine che intercorre tra avere tante opzioni di sistema, guadagnando imprevedibilità in più forme, e rischiare l’appiattimento del contenuto e la mediocrità. Confine piuttosto sottile, vista la forte rottura con le ultime stagioni. I prossimi mesi racconteranno l'andamento della tendenza con maggiore chiarezza.