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Da un alto c'è chi vede inesorabilmente il "Franchi" come un monumento, un modello per la storia dell'architettura mondiale, e chi invece lo vede 'banalmente' come un teatro all'interno del quale si dovrebbe giocare a calcio. Quello che si è creato intorno all'impianto fiorentino ha del mistico, di un mistico quasi esotico perché sembra paradossale vedere un'unica struttura sotto angolazioni così diverse: da gioiello da museo per gli uni ad arena per il panem et circenses per gli altri.

Inevitabile insomma che su di esso si siano scatenate due battaglie parallele, con una incomunicabilità inesorabile tra le due parti: Commisso che vorrebbe riadattarlo a stadio moderno, funzionale, legato anche all'ambito commerciale per poterne godere a livello sportivo ed economico. In contrasto con tutta la schiera di archistar, sovrintendenti attuali e del passato, associazioni dell'uno e dell'altro ente, comitati più o meno grandi ma sorti negli ultimi mesi. Perfino l'Unesco, pensate, non ha niente di meglio da fare che non dire la sua sul destino del "Franchi".

Vista la mole e l'accorata difesa di questa compassionevole schiera, sorta improvvisamente dopo anni di tacito accompagnamento di uno status quo che ha visto lo stadio di Firenze deteriorarsi, vien da chiedersi che senso abbia per il patron della Fiorentina continuare a combattere questa battaglia? Tanto vale orientarsi subito sull'opzione residua, quella di Campi Bisenzio, con qualche speranza in più magari e con la possibilità di lasciare la patata bollente nelle mani di chi in questi mesi/settimane sta mostrando un interesse così acuto per le sorti del povero 'Franchi', vittima di chi vorrebbe addirittura renderlo moderno, togliendo un bel problema a tutti. Un'idea evidentemente inaccettabile.


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