Sliding doors
È una stagione fatta di attimi cruciali, di momenti che hanno cambiato il presente e compromesso il futuro, di partite sorprendenti e di risultati altalenanti. D’altronde, ogni stagione, bene o male, contiene tutti questi elementi. Il primo anno calcistico di quello che, per la Fiorentina, è considerato un nuovo ciclo è decisamente sconsigliato per i deboli di cuore.
Il primo frammento decisivo risale a giugno, con il terremoto causato dall’addio di Gattuso e dalle imposizioni del procuratore Mendes. Pochi giorni dopo, ecco il nuovo volto sulla panchina viola: un certo Vincenzo Italiano, arrivato a Firenze dopo un’ottima salvezza raggiunta con lo Spezia. Ad oggi, il suo calcio è cronaca sulla bocca di tutti, ma in estate era ancora una filosofia tutta da scoprire. E il tecnico non ci ha messo molto a far scoccare la scintilla con la piazza: i primi sprazzi di gioco convincono tutti (o quasi) che sarà un anno divertente.
Aspettative tutt’altro che deluse. Il girone d’andata, comunque, racconta molteplici facce di una squadra in crescita verticale e ci sono alcune partite “simbolo” di quel periodo. Dalla prima caduta rumorosa, ovvero un Venezia-Fiorentina amarissimo, al primo successo di prestigio, contro un Milan fino a quel momento imbattuto, dimostrando che anche contro le big non si deve aver paura. Emergono anche le emozioni da ottovolante all’interno della partita: come sono impossibili da dimenticare i tre punti sfumati in due minuti a Empoli, rimane la voglia di rivalsa dimostrata contro il Sassuolo, rimontando due gol e sfiorando la vittoria.
Il mese di gennaio è inevitabilmente un momento topico. In quelle settimane, la Fiorentina cambia completamente faccia. I risultati in campo sono i “soliti” eccessi, dal 4-0 a Torino al 6-0 al Genoa, ma il vero protagonista è il mercato. Certo, sono importanti anche gli acquisti arrivati: colpi come Ikoné, Piątek e Cabral sono segnali che squillano. In questo caso, tuttavia, è bastata una sola cessione (e che cessione) per registrare un mese di netta perdita non certo economica, ma a livello di rosa. La partenza di Vlahovic direzione Juventus è forse la sliding door più importante di tutta quanta la stagione.
La prima partita a mercato concluso è Fiorentina-Lazio, dove si vedono tutti i limiti di una squadra tutt’altro che perfetta. Eppure, questi ragazzi di mollare non ci pensano proprio, anzi, c’è voglia di dimostrare a tutta Italia che si può andare lontano rimanendo uniti. È questo che ha fatto grande la Fiorentina in questa stagione: la forza del gruppo. La vittoria al fotofinish in Coppa Italia e quella in campionato, entrambe contro l’Atalanta, ma anche il filotto di tre successi di fila con Empoli, Napoli e Venezia, sono ottimi esempi della parola “gruppo”.
Nonostante ciò, non tutto fila liscio. La semifinale di coppa è qualcosa di troppo prestigioso per non sentire pressione. L’eliminazione contro la Juve, che all’apparenza sembrava un verdetto pronosticabile e comunque accettabile, è diventato l’ingresso in un turbinio di prestazioni negative e di segnali che fanno storcere il naso. La sconfitta a Salerno rimane indigesta, ma lo 0-4 dell’Udinese al Franchi rischia di diventare un altro punto di svolta, purtroppo in uno dei peggiori modi possibili. Mai dire mai, perché la stagione non è finita. D’altra parte, non ci saremmo mai aspettati di trovarci qui, dunque non resta che aspettare e vedere cosa riserverà il futuro alla Fiorentina.
Il primo frammento decisivo risale a giugno, con il terremoto causato dall’addio di Gattuso e dalle imposizioni del procuratore Mendes. Pochi giorni dopo, ecco il nuovo volto sulla panchina viola: un certo Vincenzo Italiano, arrivato a Firenze dopo un’ottima salvezza raggiunta con lo Spezia. Ad oggi, il suo calcio è cronaca sulla bocca di tutti, ma in estate era ancora una filosofia tutta da scoprire. E il tecnico non ci ha messo molto a far scoccare la scintilla con la piazza: i primi sprazzi di gioco convincono tutti (o quasi) che sarà un anno divertente.
Aspettative tutt’altro che deluse. Il girone d’andata, comunque, racconta molteplici facce di una squadra in crescita verticale e ci sono alcune partite “simbolo” di quel periodo. Dalla prima caduta rumorosa, ovvero un Venezia-Fiorentina amarissimo, al primo successo di prestigio, contro un Milan fino a quel momento imbattuto, dimostrando che anche contro le big non si deve aver paura. Emergono anche le emozioni da ottovolante all’interno della partita: come sono impossibili da dimenticare i tre punti sfumati in due minuti a Empoli, rimane la voglia di rivalsa dimostrata contro il Sassuolo, rimontando due gol e sfiorando la vittoria.
Il mese di gennaio è inevitabilmente un momento topico. In quelle settimane, la Fiorentina cambia completamente faccia. I risultati in campo sono i “soliti” eccessi, dal 4-0 a Torino al 6-0 al Genoa, ma il vero protagonista è il mercato. Certo, sono importanti anche gli acquisti arrivati: colpi come Ikoné, Piątek e Cabral sono segnali che squillano. In questo caso, tuttavia, è bastata una sola cessione (e che cessione) per registrare un mese di netta perdita non certo economica, ma a livello di rosa. La partenza di Vlahovic direzione Juventus è forse la sliding door più importante di tutta quanta la stagione.
La prima partita a mercato concluso è Fiorentina-Lazio, dove si vedono tutti i limiti di una squadra tutt’altro che perfetta. Eppure, questi ragazzi di mollare non ci pensano proprio, anzi, c’è voglia di dimostrare a tutta Italia che si può andare lontano rimanendo uniti. È questo che ha fatto grande la Fiorentina in questa stagione: la forza del gruppo. La vittoria al fotofinish in Coppa Italia e quella in campionato, entrambe contro l’Atalanta, ma anche il filotto di tre successi di fila con Empoli, Napoli e Venezia, sono ottimi esempi della parola “gruppo”.
Nonostante ciò, non tutto fila liscio. La semifinale di coppa è qualcosa di troppo prestigioso per non sentire pressione. L’eliminazione contro la Juve, che all’apparenza sembrava un verdetto pronosticabile e comunque accettabile, è diventato l’ingresso in un turbinio di prestazioni negative e di segnali che fanno storcere il naso. La sconfitta a Salerno rimane indigesta, ma lo 0-4 dell’Udinese al Franchi rischia di diventare un altro punto di svolta, purtroppo in uno dei peggiori modi possibili. Mai dire mai, perché la stagione non è finita. D’altra parte, non ci saremmo mai aspettati di trovarci qui, dunque non resta che aspettare e vedere cosa riserverà il futuro alla Fiorentina.
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