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Da sempre fautore della difesa a quattro, Cesare Prandelli non ha cambiato le proprie abitudini quando è arrivato (o meglio tornato) sulla panchina della Fiorentina. E molti, a dire la verità, avevano tirato un sospiro di sollievo all'idea di non vedere più in campo quel 3-5-2 a cui Iachini era tanto affezionato ma che sembrava non funzionare.

Alla fine però Prandelli ha dovuto fare i conti con la realtà. La difesa a quattro rendeva la Fiorentina fin troppo vulnerabile, e vanificava le qualità degli interpreti. Milenkovic e Pezzella, messi a reggere da soli il peso del reparto, non riuscivano a rendere al massimo delle loro possibilità. E con i terzini, spesso Caceres e Biraghi, che spingevano il risultato era una continua inferiorità numerica che creava apprensione quando gli avversari attaccavano.

Prandelli se n'è accorto, e non ha avuto paura di mettere in discussione le sue idee iniziali. A partire dalla gara col Sassuolo, dunque, ha riproposto il 3-5-2 che a Iachini era stato tanto contestato e i risultati si sono visti. Pezzella e Milenkovic, con un terzo difensore accanto a loro, hanno migliorato le prestazioni e la Fiorentina è tornata ad essere un fortino difficile da penetrare. Lo dimostrano gli appena due gol (di cui uno su rigore) subiti nelle ultime tre gare contro Sassuolo, Verona e Juventus, squadre solitamente molto prolifiche sotto porta.

Qualcuno dirà che allora aveva ragione Iachini e che le critiche verso di lui erano infondate, ma proviamo a vederla da un'altra prospettiva. Prandelli ha iniziato mettendo in atto la propria filosofia, ma quando ha visto che non funzionava ha avuto l'umiltà di cambiare idea. Dote rara che i suoi predecessori, e non solo in fatto di moduli, difficilmente hanno dimostrato di avere.


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