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Amrabat avanza palla al piede. Foto: Fanfani/Fiorentinanews.com
Amrabat avanza palla al piede. Foto: Fanfani/Fiorentinanews.com

Si era chiusa nel migliore dei modi la prima sessione di mercato invernale firmata Rocco Commisso, con l’acquisto di Sofyan Amrabat, tra i migliori interpreti del ruolo nella stagione 2019/20. Vero e proprio colpo di fulmine tra il presidente della Fiorentina e il mediano che travolgeva tutto e tutti a Verona, accanto alla sapiente regia di Miguel Veloso

E qui arriviamo subito al nodo della questione: il ruolo del marocchino. A Firenze Amrabat ci ha passato 3 stagioni, 2 delle quali da unico interprete davanti alla difesa, spinto, forzato in una posizione non sua e nella quale è risultato deleterio a livello di qualità e velocità. In quello centrale, il migliore della gestione Commisso, era invece la riserva di Torreira. Al netto della complementarietà mai sperimentata tra i due, resta il rammarico di quanto fu deciso un anno fa, per la rinuncia al regista (più che per quella all'uruguagio), con timore che il marocchino non beneficiasse di sufficiente spazio.

Della serie: l’abbiamo pagato 20 milioni, non vorrete mica che lo svendiamo pagandone un altro 15? No, la priorità era economica e pazienza se la Fiorentina tra le prime 7 c’era arrivata con un altro tipo di calciatore. Il diktat era chiaro: il titolare era Amrabat e anche se non lo era stato… lo era lo stesso. Chi la stagione 2021/22 l’ha vista con i propri occhi e non ‘alla radio’ lo sa bene. E lo sa bene anche Italiano che, guarda caso, si è fatto prendere due registi o simil tali come Arthur e Maxime Lopez, a conferma che forse, ma forse eh, nella sua idea del calcio non serve un lottatore ma un palleggiatore davanti alla difesa. 

Una scelta insomma del tutto ‘bilancica’, poco tecnica e per nulla progettuale, tant’è vero che Amrabat se ne sarebbe andato serenamente a gennaio, fosse dipeso da lui. Ci ha poi voluto aggiungere la ciliegina di un’estate da separato in casa, a rifiutare di tutto pur di andare al Man Utd, per essere poi accontentato con una formula a dir poco vantaggiosa per gli inglesi. Una brutta storia insomma, in cui è stato sbagliato di tutto e da tutte le parti ma che se non altro ha visto la parola FINE.

 

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