Così è se mi pare - Cronoprogramma stringente e draconiano controllo del rispetto dei tempi o incrociare le dita non basterà
Dove giocherà la Fiorentina mentre il Franchi sarà un cantiere (salvo che non salti tutto il progetto)? Chi, già oggi, dà risposte preconfezionate è un sempliciotto. Il problema è molto complesso. La soluzione dovrà tenere conto di più fattori. Prima di tutto le necessità della Fiorentina sotto il profilo sportivo ed economico. Poi ci sono quelle dei tifosi viola: andranno valutate capienza, distanza e collegamenti con l’impianto che ospiterà le partite dei viola. Infine, ma non meno importanti, le esigenze della città e della comunità a cui dovremo chiedere ospitalità.
Al di là dei rapporti più o meno cattivi con la tifoseria locale (di buoni rapporti ne esistono davvero pochi, a meno che non si voglia andare a giocare a Verona o a Catanzaro), la transumanza di migliaia di persone provoca impatti non facilmente governabili. Sono comprensibili, per esempio, le preoccupazioni subito avanzate dal sindaco di Empoli. Proviamo a vedere la situazione dal suo punto di vista, sfilandoci la giacca del tifoso e indossando quella del cittadino: chi sarebbe favorevole ad un’invasione di sostenitori di qualsiasi squadra, tranne la propria? Ma, nonostante il dibattito di questi giorni si sia animato intorno al problema di dove giocare, ciò che mi preoccupa assai di più sono i tempi.
La previsione di due anni di esilio è già un periodo lunghissimo. Tuttavia il timore è che possa essere assai di più. Purtroppo in Italia, e Firenze non fa eccezione, le grandi opere pubbliche non iniziano quasi mai alla data annunciata e, soprattutto, non rispettano mai quella di conclusione lavori. E’ stata un’anomalia (e infatti tutti se ne sono compiaciuti invertendo il concetto di eccezione e regola) la ricostruzione del ponte Morandi a Genova. Lì era stato addirittura nominato un commissario ad acta. Altri esempi di comportamenti virtuosi non me ne vengono in mente.
Ho invece ben presente i ritardi in più occasioni accumulati dai cantieri della tramvia fiorentina già in esercizio, e quelli dell’inizio dei lavori per le linee di progetto. Oppure i tempi sconfinati per la realizzazione della terza corsia dell’autostrada, o per l’alta velocità ferroviaria, o alla maxi buca della stazione Foster che tra poco sarà vincolata dalla Soprintendenza come scavo di valore archeologico.
Mettendo da parte eventuali negligenze, c’è sempre qualche inconveniente imprevedibile. A cominciare dall’inaffidabilità di alcune ditte che ottengono l’appalto ma poi non sono in grado di portarlo avanti, in proprio o attraverso le imprese a cui, a loro volta, ha subappaltato porzioni di intervento.
Nel caso dei lavori per lo stadio sarà molto importante la stesura di un cronoprogramma a tappe stringente e un controllo draconiano del rispetto dei tempi di realizzazione. Cosa accadrebbe se i lavori si protraessero per tre o quattro anni? O, peggio ancora, se subissero uno stop a metà realizzazione? Incrociare le dita temo non basterà…
Al di là dei rapporti più o meno cattivi con la tifoseria locale (di buoni rapporti ne esistono davvero pochi, a meno che non si voglia andare a giocare a Verona o a Catanzaro), la transumanza di migliaia di persone provoca impatti non facilmente governabili. Sono comprensibili, per esempio, le preoccupazioni subito avanzate dal sindaco di Empoli. Proviamo a vedere la situazione dal suo punto di vista, sfilandoci la giacca del tifoso e indossando quella del cittadino: chi sarebbe favorevole ad un’invasione di sostenitori di qualsiasi squadra, tranne la propria? Ma, nonostante il dibattito di questi giorni si sia animato intorno al problema di dove giocare, ciò che mi preoccupa assai di più sono i tempi.
La previsione di due anni di esilio è già un periodo lunghissimo. Tuttavia il timore è che possa essere assai di più. Purtroppo in Italia, e Firenze non fa eccezione, le grandi opere pubbliche non iniziano quasi mai alla data annunciata e, soprattutto, non rispettano mai quella di conclusione lavori. E’ stata un’anomalia (e infatti tutti se ne sono compiaciuti invertendo il concetto di eccezione e regola) la ricostruzione del ponte Morandi a Genova. Lì era stato addirittura nominato un commissario ad acta. Altri esempi di comportamenti virtuosi non me ne vengono in mente.
Ho invece ben presente i ritardi in più occasioni accumulati dai cantieri della tramvia fiorentina già in esercizio, e quelli dell’inizio dei lavori per le linee di progetto. Oppure i tempi sconfinati per la realizzazione della terza corsia dell’autostrada, o per l’alta velocità ferroviaria, o alla maxi buca della stazione Foster che tra poco sarà vincolata dalla Soprintendenza come scavo di valore archeologico.
Mettendo da parte eventuali negligenze, c’è sempre qualche inconveniente imprevedibile. A cominciare dall’inaffidabilità di alcune ditte che ottengono l’appalto ma poi non sono in grado di portarlo avanti, in proprio o attraverso le imprese a cui, a loro volta, ha subappaltato porzioni di intervento.
Nel caso dei lavori per lo stadio sarà molto importante la stesura di un cronoprogramma a tappe stringente e un controllo draconiano del rispetto dei tempi di realizzazione. Cosa accadrebbe se i lavori si protraessero per tre o quattro anni? O, peggio ancora, se subissero uno stop a metà realizzazione? Incrociare le dita temo non basterà…
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