Bove: "Il soprannome che mi ha dato Mourinho non ha aiutato, ma ho sempre avuto qualità tecniche. Con la mia scuola calcio voglio far giocare i ragazzi in un ambiente educato e rispettoso"
Prosegue l'intervista ad Edoardo Bove di Radio Deejay, col centrocampista della Fiorentina che ha spazio per toccare anche altre tematiche.
‘Mi è scattato qualcosa dentro, sul piano della responsabilità in campo’
“Ho sempre detto che c’era una leggenda su di me e le mie qualità tecniche, anche dopo il soprannome che mi ha dato Mourinho, ‘cane malato’, che non ha aiutato, anche se so che lo ha fatto con affetto e mi voleva bene. A livello tecnico ho sempre avuto tutte le capacità, chi mi conosce dal settore giovanile della Roma sa quali siano le mie doti. Nel calcio dei grandi poi certi allenatori ti chiedono qualcosa in più e quelle qualità vanno nel dimenticatoio, in soffitta. Serve equilibrio in campo, quando corri contro tutti, essere lucido con la palla non è facile rispetto ad un altro che magari sta sempre in posizione. Mi è scattato qualcosa dentro la mia testa anche sul piano della responsabilità in campo, mi sento libero, faccio dare la palla, so cosa voglio fare. Quando sei giovane spesso c'è un po' di emozione e ti nascondi un pochino, poi prendi dimestichezza. Quest'anno mi sento al centro”.
‘Con la mia scuola calcio voglio far giocare i ragazzi in tranquillità, senza pressioni’
"I tatuaggi? Non ne ho. I calciatori ne hanno tanti perchè hanno parecchio tempo libero? Forse. Al di là dei gusti personali, è vero che i calciatori quando hanno tempo libero si rifugiano in hobby un pochino inutili, come giocare alla Playstation o stare tutto il giorno davanti alla televisione…poi ognuno fa quel che vuole. La mia scuola calcio Casa Viola? Grazie al presidente della mia ex scuola calcio ho intrapreso questo percorso e ho deciso di entrare a far parte delle quote del mio vecchio centro sportivo. Vogliamo far giocare i ragazzi con la massima tranquillità al di là di richieste e moduli, perchè possano vivere quello che ho vissuto io. In un ambiente educato e rispettoso, per giocar senza pressioni e non dover dimostrare niente a nessuno e dover per forza arrivare a fare il calciatore… cosa che mi è successa e mi ha permesso poi di farlo davvero".