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Sembrano passati secoli da quando Cristiano Biraghi, da Moena, a proposito del suo rapporto con Firenze, disse: "Per tanti sono il cane da bastonare, ma preferisco che la situazione sia così con me piuttosto che con altri che magari soffrono i giudizi". In tre mesi, per di più con la fascia da capitano al braccio, il terzino ha rovesciato la prospettiva.

Talmente tanto da rimediare nella stessa gara, col Cagliari, ben due cori personali intonati dalla Curva Fiesole, nel giorno del ritorno sugli spalti degli ultrà. In passato erano stati dedicati a Mutu o Ribery, mentre ad inizio stagione un trattamento simile era toccato a Gonzalez e Vlahovic. Adesso, tra i punti di riferimento c’è lui, Cristiano Biraghi da Cernusco sul Naviglio. La sua è stata una rivoluzione silenziosa, fatta di sudore e di lavoro.

Da leader vero, nel momento più delicato, domenica, con la gara ancora in equilibrio e un rigore pesantissimo, si è caricato il fardello di responsabilità sulle spalle e non ha guardato in faccia nessuno. In quella corsa sotto la curva per andare a fare il “saluto del capitano” Biraghi ci ha racchiuso tutto: l’orgoglio e la soddisfazione di chi sa di essere diventato davvero uno dei “muratori” di un sogno che punta a tornare in Europa.


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