Il dirigente della Fiorentina Nicolas Burdisso
Il dirigente della Fiorentina Nicolas Burdisso

L’ex direttore tecnico della Fiorentina Nicolas Burdisso ha parlato a Cronache di Spogliatoio in una lunga intervista, toccando vari temi relativi alla sua esperienza in viola.

‘Sono arrivato a Firenze con le idee chiare sul tipo di lavoro da svolgere’

“Come mai dopo 3 anni a Firenze ho deciso di dire basta? Pausa strategica. Lo posso dire così. Sapevo, avevo le idee chiare quando mi aveva chiamato la Fiorentina 3 anni fa su che tipo di lavoro svolgere. Dopo 3 anni e tanto lavoro fatto per dare un’identità e una linea tecnica alla squadra ho sentito che era il momento di nuove sfide. Il nostro lavoro è fatto da tanto networking, da tante relazioni, da tanta “managerialità”: devi girare, devi stare. Questo è il momento anche per andare a trovare ds che stanno lavorando per capire cosa stanno facendo, che problemi hanno trovato. Questa fratellanza è una cosa che ho imparato qui in Italia nei 3 anni in cui sono venuto a fare questo lavoro molto invisibile. Mi ha dato la possibilità di capire le dinamiche del calcio italiano ed europeo a livello manageriale. Devi analizzare tante cose, soprattutto capire la volontà dei proprietari o dei dirigenti, gli obiettivi. E anche il grado di libertà e di importanza che danno al tuo ruolo. Ci sono proprietari che credono tanto nella direzione sportiva, in questo ruolo che è quello che capisce tutto dentro un club”.

‘Alla Fiorentina ho portato la creazione di un’area performance a 360 gradi su tutti i calciatori'

"In questi 3 anni alla Fiorentina ho visto più di 450 partite live, comprese le nostre che sono state l’85%. Io voglio stare con la squadra il giorno della partita, avere una condivisone prima e dopo con calciatori, allenatore, dirigenti. In questi anni ho lavorato tanto anche per il mio bagaglio personale conoscendo realtà che sarebbe stato impossibile conoscere da giocatore. Sono stato anche tanto a vedere allenatori, vedevo tanto il settore giovanile: sono appassionato da argentino, dobbiamo per forza vedere il settore giovanile. In questo punto l’Italia può crescere tanto, tanti calciatori erano pronti in tante squadre e poi fanno un passaggio in B, in C e inizi a stoppare la sua crescita. In Argentina siamo molto più istintivi, se vediamo che è pronto lo mettiamo in campo. Alla fine, il calcio è selezione naturale, il campo non dice bugie. Tutto questo lavoro mi ha fatto crescere tanto. L’ultimo anno con la costruzione del Viola Park ho portato la creazione di un’area performance a 360 gradi su tutti i calciatori e calciatrici della società che può fare la differenza".

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