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"Qualcuno tra di noi si sente troppo bravo" aveva ammonito Cristiano Biraghi qualche settimana fa, per spiegare il netto calo di rendimento della Fiorentina rispetto alla stagione scorsa. E dire che il capitano non è proprio tra coloro che brillano in umiltà ma quantomeno aveva riconosciuto la dinamica dello spogliatoio viola.

Dalla dirigenza in giù di presunzione e arroganza ce n'è a palate, passando da panchina e gruppo squadra. D'altronde non ci si lamenterebbe di critiche sacrosante per una stagione al di sotto delle attese e delle possibilità, da 10 punti in 11 gare, se non fosse la superbia a farla da padrona. E un tipico segno di questo atteggiamento è l'esultanza di Jovic: gran gol, al 90', dopo un periodo difficile ma pieno di prove tra il trasparente e l'invisibile, e dita alle orecchie. A voler zittire le critiche.

Gesti che hanno fatto anche Batistuta e Mutu in passato ma con ben altre credenziali e ben altri contributi. Va bene la liberazione ma era proprio il caso di rivendicare dopo 2 mesi passati quasi da spettatore? Evidentemente sì perché questo è il diktat societario, quello per cui tutto è dovuto e niente è richiesto. E allora si pretende, si pretende, si pretende anche quando il risultato non c'è.


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