Italiano dovrebbe catechizzare se stesso, anziché assillare i giocatori ad ogni pausa: La mancata reattività del tecnico. Quattro peccati non veniali
Peccato numero uno della Fiorentina: giocare un primo tempo che vale almeno quattro reti e segnarne solo due. Peccato numero due: non rispondere tempestivamente alle mosse dell’allenatore avversario che con due sostituzioni cambia volto alla partita. Peccato numero tre: non avere (Nico a parte) un esterno d’attacco degno di fare il titolare in una squadra “ambiziosa”. Peccato numero quattro (recidiva): ritardare i cambi necessari a restituire quanto meno un po’ di birra alla squadra.
Duncan – 7 – Se Arthur cuce il gioco viola, lui fa a fette quello avversario. Recupera, imposta ed è più puntuale di un orologio svizzero con l’attimo che lo consegna alla storia: di testa infila il gol numero 4.000 della Fiorentina (il millesimo fu firmato da Montuori, il duemillesimo da Dino Pagliari, il tremillesimo da Luca Toni). Più sfortunato che impreciso quando prende il palo al termine di un’azione scintillante.
Brekalo – 4 – Entra e perde ogni pallone che tocca.
Mandragora – 4 – Entra in campo e pare più lento e stanco di Arthur. Non contrasta e spara alto l’ennesimo buon pallone dal limite (che poi l’azione sia stata inficiata da un fuorigioco poco cambia sulla sua mira).
Italiano – 4 – Forse dovrebbe catechizzare se stesso, anziché assillare i giocatori ad ogni pausa. D’Aversa fa due mosse e, per poco, non ribalta il risultato. Vittoria bruciata dalla mancata reattività del tecnico viola.
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