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C'è una grossa tavola imbandita, alla quale sono seduti commensali che si dividono tra amanti della buona carne e l'esatto opposto, i vegani, quelli che la "ciccia" non la possono neanche vedere. D'improvviso entra in sala un cameriere, che annuncia razioni gratuite e illimitate per tutti di succulenta bistecca. Gli onnivori esultano, i vegani restano indifferenti e coi piatti vuoti mentre gli altri commensali si abbuffano. Ecco, potremmo raccontarla così, con questa metafora di esopica memoria, la regola dei cinque cambi che dal post-lockdown vige in Serie A. Un modo, semmai ce ne fosse stato bisogno, di favorire ulteriormente quelle potenze economiche che già per conto loro dominano il nostro campionato. Lo si è visto in Inter-Fiorentina, cosa significa poter mettere in campo in un colpo solo Hakimi, Vidal, Sensi, Nainggolan e Sanchez. C'era davvero bisogno, dunque, di aumentare ancor di più il dislivello che già vige tra le squadre del campionato italiano? Quali possibilità potrebbe avere un malcapitato Spezia quando giocherà contro Inter o Juventus, magari vedendosi cancellare da cinque cambi milionari un pareggio che, mettiamo il caso, stava portando avanti con sudore e sacrificio? Interrogativi che, probabilmente, gli organi federali non si sono posti quando hanno approvato la regola dei cinque cambi anche per la stagione 2020/21. Differenziandosi peraltro dalla Premier League, dove le sostituzioni sono tornate ad essere tre. E pensare che il campionato inglese lo stiamo pian piano imitando su tutto: prima le fasce da capitano tutte uguali, poi il font unico per le maglie. Ma per le cose importanti, quelle no, non vogliamo proprio prendere esempio.


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