Donadel: "Prandelli aveva costruito un cerchio magico nella sua Fiorentina. Il grande rimpianto è non essere riusciti a vincere un titolo, era alla portata"
Marco Donadel è stato uno dei giocatori più importanti nel periodo alla Fiorentina di Cesare Prandelli, in cui la squadra viola riuscì ad esprimersi per diverse stagioni a grandissimi livelli.
Anche nell'anno della forte penalizzazione iniziale, a seguito di Calciopoli, quella squadra riuscì a centrare la qualificazione alla Coppa Uefa: "A novembre avevamo annullato il passivo, ma a noi non bastava più - racconta Donadel a Il Tirreno - Volevamo stare tra le grandi. Ricordo il discorso che ci fece Prandelli: ci disse che non c’era tempo da perdere. Ci chiese di essere onesti, di dire che sarebbe stato dentro alla “battaglia”. Chi voleva misurarsi con la sfida avrebbe dovuto presentarsi al campo il giorno successivo: ci guardammo tutti e tutti entrammo in campo, costruendo una sorta di cerchio magico. Le emozioni vissute l’anno prima, con la prima cavalcata, erano state qualcosa di troppo importante: nessuno di noi se ne andò".
Ma Donadel si porta dietro anche dei rimpianti: "Quello più grande? La finale di Coppa Uefa era alla portata: se avessimo superato l’ostacolo Rangers, avremmo trovato uno Zenit che cominciava ad affacciarsi alle porte del calcio europeo. L’altro rammarico è quello di non aver vinto una Coppa Italia. Non posso poi non ricordare la famosa partita di Monaco, quella di Ovrebo, e pure la penalizzazione, perché ci hanno tolto due anni".
Anche nell'anno della forte penalizzazione iniziale, a seguito di Calciopoli, quella squadra riuscì a centrare la qualificazione alla Coppa Uefa: "A novembre avevamo annullato il passivo, ma a noi non bastava più - racconta Donadel a Il Tirreno - Volevamo stare tra le grandi. Ricordo il discorso che ci fece Prandelli: ci disse che non c’era tempo da perdere. Ci chiese di essere onesti, di dire che sarebbe stato dentro alla “battaglia”. Chi voleva misurarsi con la sfida avrebbe dovuto presentarsi al campo il giorno successivo: ci guardammo tutti e tutti entrammo in campo, costruendo una sorta di cerchio magico. Le emozioni vissute l’anno prima, con la prima cavalcata, erano state qualcosa di troppo importante: nessuno di noi se ne andò".
Ma Donadel si porta dietro anche dei rimpianti: "Quello più grande? La finale di Coppa Uefa era alla portata: se avessimo superato l’ostacolo Rangers, avremmo trovato uno Zenit che cominciava ad affacciarsi alle porte del calcio europeo. L’altro rammarico è quello di non aver vinto una Coppa Italia. Non posso poi non ricordare la famosa partita di Monaco, quella di Ovrebo, e pure la penalizzazione, perché ci hanno tolto due anni".
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