Colbrelli: “Ho mandato un messaggio a Bove domenica sera, so cosa prova. Mi si è gelato il sangue a vederlo, col tempo Edo prenderà la scelta giusta. Ricordo la telefonata di Eriksen…”
Sonny Colbrelli ex ciclista su strada italiano, è stato professionista dal 2012 al 2022, vincendo la Parigi-Roubaix, il campionato europeo e il campionato italiano nel 2021, il Gran Piemonte nel 2018, la Freccia del Brabante nel 2017 e diverse altre classiche del calendario italiano. Al Giro di Catalogna 2022, una volta tagliato il traguardo è soggetto a convulsioni che lo portano alla perdita di conoscenza e ad un arresto cardiorespiratorio; il corridore è assistito dai paramedici che praticano un massaggio cardiaco con l'utilizzo del defibrillatore. Gli è stato successivamente impiantato un defibrillatore sottocutaneo che ne ha decretato la fine dell'attività agonistica secondo la regolamentazione sportiva italiana. Contrario al cambio di nazionalità sportiva, decide di concludere la sua carriera. L’ex ciclista ha parlato oggi a Radio Sportiva dopo quanto accaduto a Edoardo Bove: ecco di seguito le sue dichiarazioni.
“Sono appassionato di sport e domenica sera stavo vedendo Fiorentina-Inter con degli amici. Quando ho visto quanto successo a Edo mi si è gelato il sangue, non ho più parlato ne ho voluto più guardare ciò che succedeva, mi sono alzato e sono andato via. Anche se a distanza di due anni, ho rivissuto quei brutti momenti. Ho mandato subito un messaggio sui social la sera a Bove, capisco ciò che prova dopo essersi risvegliato, vedendo in un video quanto è successo. Bisogna essere contenti di essere qua a parlare di quanto è accaduto”.
‘Fermarsi di colpo fa capire quanto possiamo essere fragili’
“Non è stato semplice affrontare quanto accaduto, dopo quanto avevo vinto e il livello raggiunto, con anni importanti davanti. Fermarsi di colpo mi ha fatto capire davvero quanto possiamo essere fragili in questa vita. Oggi ci sei, domani puoi non esserci più. Ho provato in tutti i modi a tornare, quando sei un letto di ospedale è la prima cosa a cui pensi. Mi sono detto: ‘Ok, mi è accaduto questo, sono stato fortunato, posso parlare ma voglio tornare a fare ciò che amo e per cui ho passione’. Poi però ci sono tante valutazioni da fare, la mia testa sarà forte come prima, o ho paura di star male? I fattori sono parecchi. Ho due figli ed ho scelto un’altra opzione… ma certo, ancora a distanza di due anni sono ferito, ma abbiamo una sola vita da vivere. Col tempo Bove prenderà la scelta giusta, insieme a chi gli starà accanto”.
‘Ricordo la telefonata di Eriksen. Il calcio non è il ciclismo, però…’
“Quando sono stato male a Girona, dopo due giorni mi ha chiamato Eriksen e ricevere una telefonata del genere ti rallegra un po’. Ho voluto seguire i suoi consigli, però come appena detto il calcio non è il ciclismo. Quando ti impiantano un defibrillatore, nel calcio sei in un campo d’erba, se si aziona il defibrillatore cadi a terra e c’è una troupe medica pronta subito a prendersi cura di te. Nel ciclismo non è così, tante volte sei da solo ad allenarti, o in gruppo e se si aziona puoi far male a te e tanti altri corridori. È uno sport che non è consigliato praticare col defibrillatore, si fanno sforzi enormi correndo in bicicletta per tante ore di fila, anche 5-6 ore di fila col cuore a mille. Nel calcio, oltre alla sforzo c’è il fattore del contatto fisico, se si iniziano a prendere colpi sul defibrillatore… è un’ulteriore problematica”.