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Che cos'è l'ESTA e perché richiederlo per andare negli USA


Chi non è mai stato negli USA, difficilmente può capire la grandezza e la differenza di un mondo che è totalmente diverso da quello europeo che siamo abituati a vivere quotidianamente. Un viaggio che però, almeno una volta nella vita è assolutamente da fare. Chi non ci è mai stato inoltre, non saprà che per viaggiare verso gli Stati Uniti serve una speciale autorizzazione chiamata ESTA, che tradotto sta per “sistema elettronico di autorizzazione al viaggio”. I viaggiatori che si vogliono imbarcare, sia via terra che via mare, per raggiungere gli USA senza visto, devono obbligatoriamente richiedere l’ESTA nei giorni antecedenti alla partenza. Solitamente, per non correre rischi, la richiesta deve essere inoltrata almeno 72 ore prima dell’imbarco, nonostante il processo sia il più delle volte molto veloce e in poco meno di un minuto si possa già avere l’autorizzazione. Per richiedere l’ESTA oltre che la cittadinanza italiana o di altri paesi beneficiari, serve anche un passaporto valido e che il periodo di permanenza sia inferiore ai 90 giorni. Durante la compilazione dei documenti viene richiesta la risposta ad alcune domande atte a valutare se la persona può o meno entrare negli USA. Tra queste anche la conferma di non avere precedenti penali. L’ESTA serve infatti a evitare l’ingresso negli Stati Uniti di persone potenzialmente pericolose. Un iter non lungo ma necessario e da tenere in conto quando si vuole partire alla volta degli States.

Il viaggio (al contrario) di Commisso e connazionali


Un’autorizzazione di cui non ha avuto bisogno il presidente della Fiorentina Rocco Commisso ormai quasi due anni fa per arrivare in Italia e chiudere la trattativa con i Della Valle, facendo di fatto la tratta inversa. Un viaggio che hanno fatto molti altri concittadini di mister Commisso arrivati dagli USA nel Belpaese per concludere i loro affari nel mondo del calcio italiano. Attualmente infatti le società italiane di proprietà statunitense sono ben 8: Fiorentina, Milan, Roma, Spezia, Parma, Catania, Venezia e Pisa; 9 considerando il canadese Saputo, proprietario del Bologna. Un numero importante se si pensa all’importanza che il settore calcistico ha nel nostro paese.

Tanto diversi quanto uguali: gli interessi in comune degli imprenditori americani


Personalità diverse, obiettivi diversi, ma stessa mentalità americana e imprenditoriale. In quasi tutte le città con le squadre di proprietà americana, il tema dei nuovi stadi e delle infrastrutture ha un ruolo importante e spesso dibattuto. La battaglia che Commisso sta portando avanti la conosciamo tutti molto bene, ma anche a Roma Friedkin vuole accelerare i tempi nonostante il recente naufragio del progetto stadio a Tor di Valle. Il Milan ha ribadito che il progetto per il nuovo stadio rimane al centro del progetto rossonero con la giunta comunale milanese che entro maggio dovrà dare qualche risposta a entrambe le squadre della città che sono in procinto di abbandonare San Siro. A Catania il Massimino, come promesso da Tacopina, sarà ristrutturato con tutti i comfort del caso in futuro. Anche a Pisa sembra essere tutto pronto per il restyling dello Stadio Arena Garibaldi-Romeo Anconetani, con l’dea che è quella di dare alla società di Knaster in concessione lo stadio attraverso il diritto di superficie per una durata compresa tra 60 e 90 anni, per poi tornare al Comune. A Venezia il nuovo stadio era già stato presentato anni fa, con i lavori che sarebbero dovuti cominciare quest’anno. Alcune difficoltà, tra cui quelle economiche legate alla pandemia, hanno per il momento fermato il progetto. Dove i lavori invece sono già partiti è a Bologna, dove si sta definendo il restyling del Dall’Ara.

Praticamente tutti i proprietari arrivati dagli USA si sono impegnati fin da subito per dare alle loro squadre impianti moderni in cui giocare. Quello delle infrastrutture calcistiche (e sportive in generale), è un tema tanto dibattuto quanto poco curato da chi dovrebbe, lasciando agli atleti, professionisti e non, allenarsi e giocare in strutture vecchie, fatiscenti e pericolose. L’arrivo dei nuovi investitori americani potrebbe dare una ventata d’aria fresca sotto questo aspetto e Commisso si è messo subito in prima linea per questa battaglia importante e utile quanto lunga e logorante. La burocrazia italiana non sembra mollare ma i nuovi proprietari stranieri sembrano aver reso speranza all’ambiente con una rivoluzione del calcio che si sta pian piano delineando a partire da altri settori (vedi quello dei diritti televisivi).

Quanto a noi, per vedere uno stadio all’altezza del nome per il momento (a parte i rari casi italiani), dovremo spostarci fuori dai confini nazionali e dare uno sguardo in Inghilterra oppure proprio negli USA (senza scordarsi l’ESTA). Là dove tutto è più grande e spesso moderno. Con la speranza di poter ripartire presto a viaggiare per l’Europa e per il mondo insieme alla nostra Fiorentina e visitare nuovi stadi, non da semplici turisti ma da tifosi!

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