"Caro Commisso, lei voleva fare a cazzotti, non una conferenza stampa. Accetti un confronto verbale su diritti e doveri dell'informazione e vediamo chi resta in piedi"
Egregio presidente Commisso,
lei oggi (ieri ndr) non aveva alcuna intenzione di tenere una conferenza stampa. Lei voleva fare a cazzotti. Forse perfino in modo fisico se non ci fosse stato il distanziamento online da pandemia. Però lo ha fatto in modo sleale. Ha scelto lei il ring, ha fatto lei da arbitro, ha suonato lei il gong, ha ammesso o meno gli “avversari” a duellare con lei.
Troppo facile, non le pare? Mi permetta alcune considerazioni a freddo.
Indicare un nemico alle porte, per sviare la pubblica attenzione (di un popolo, una categoria, una tifoseria) dai problemi in casa propria, è un trucco vecchio quanto il mondo. Lo usano soprattutto i regimi autoritari quando sono in difficoltà e non hanno la possibilità di far valere la forza bruta.
Lei questo nemico lo ha individuato nella stampa fiorentina colpevole, a suo dire, di ogni nefandezza compreso l’esonero del povero Iachini.
Vede, questa sua affermazione è la cosa più offensiva che ho ascoltato finora nei suoi confronti. Sì, lei, presidente Commisso, ha offeso se stesso. Un imprenditore miliardario e di successo che, per una decisione strategica come il cambio di allenatore della squadra di calcio, si fa influenzare da quattro opinionisti da strapazzo. Allora non è così bravo e preparato come afferma di essere. Questo sarebbe un errore da principiante.
Uso il condizionale perché, in realtà, non penso affatto che lei si sia fatto condizionare da chicchessia. Ha ammesso l’errore dell’esonero solo per attribuirne la colpa ad altri, il nemico esterno, appunto.
Su Iachini, umanamente, niente da dire. Che come tecnico meriti addirittura un monumento al Piazzale… beh se voleva essere una battuta non le è venuta bene. Mi è consentito fare questo commento o lo ritiene offensivo?
Perché, vede, lei fa grande confusione tra notizie e opinioni. Le prime possono essere false o vere. E se sono false, ma va dimostrato, è giusto che chi ha sbagliato rettifichi e si scusi. Le opinioni invece, se non trascendono nella diffamazione (e per questo ci sono i tribunali) sono fortunatamente libere e incensurabili, anche se indigeste, in Italia come negli Stati Uniti.
Lei ha chiesto ad un giornalista, nella conferenza stampa-cazzottata, perché non ha attaccato i colleghi che scrivono una notizia falsa. Ammetto che non le è stata data una risposta chiara e allora mi permetto di spiegarle come funziona. Il giornale A pubblica la notizia X che il giornale B non ha. La notizia viene smentita dall’interessato. Il giornale B non interviene perché non ha alcun interesse. Prima di tutto dovrebbe raccontare la notizia X ai propri lettori, che nulla sanno della vicenda; quindi dovrebbe essere in grado di dimostrare oggettivamente che la notizia è falsa (non basta certo la smentita). Sa quale sarebbe il risultato: che i lettori del giornale B penserebbero che l’attacco al giornale A avviene perché il giornale B non aveva la notizia, per biechi motivi di concorrenza, insomma. Un effetto boomerang garantito.
Mi meraviglio che un imprenditore navigato come lei non si renda conto di un concetto così semplice. Nessuna impresa fa volentieri pubblicità ad una concorrente.
Ah, già… dimenticavo: lei non voleva un confronto, un dibattito fra persone civili. Lei voleva fare a cazzotti con i guantoni truccati e scegliendo gli avversari.
Allora le lancio il guanto, anziché il guantone, di sfida. Accetti un confronto (verbale ovviamente) alla pari su diritti e doveri dell’informazione. Luogo neutrale, pari tempo a disposizione, arbitro condiviso. E poi (verbalmente) ce le diamo di santa ragione. Vediamo chi resta in piedi.