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La tragica morte di Giulia Cecchettin e le riflessioni, tanto aspre quanto condivisibili, della sorella Elena, stanno alimentando il dibattito su come fronteggiare il fenomeno dei femminicidi. 

Culla di machismo da barzelletta

Il mondo del calcio è da sempre una culla di machismo, spesso da barzelletta. Ma non fa ridere.

Fallacci derubricati con la logora frase “il calcio non è per signorine”. L’arbitra invitata a tornare a “fare la calza”. Le giocatrici giudicate per le tette, il culo, il colore degli occhi (più raramente), anziché per le capacità sportive.

Tribune e curve accomunate da una serie di vieti luoghi comuni, come per il razzismo. 

E’ ovvio che chi fa battute scontate sulle donne e osservazioni che mai si sognerebbe di fare sulla propria compagna, figlia o madre, non è un potenziale omicida. Tuttavia contribuisce a alimentare un habitat favorevole per chi lo diventerà. 

Coinvolgere la scuola con lezioni sull’affettività è certamente un passo importante da fare rapidamente. Una “materia” che già da molti anni avrebbe dovuto far parte del bagaglio culturale che si offre ai giovani. 

Il problema è che il patriarcato è ben radicato nella testa degli adulti, uomini e anche donne. Ci vorrebbero corsi di rieducazione per “genitori, nonni, zii, fratelli, amici (affettivamente) analfabeti”. Sarebbe necessario un maestro Manzi (i meno giovani ricorderanno le lezioni televisive per adulti analfabeti negli anni Sessanta) che spiegasse, in modo semplice e comprensibile, che la femmina non è una proprietà e che il maschio non è un proprietario. Che la femmina non è una preda e che il maschio non è un cacciatore. 

L'esempio del Viola Park

Il Viola Park costruito dalla Fiorentina, sotto questo aspetto, è un caso virtuoso. Il progettista, l’architetto Casamonti, sottolineò subito l’importanza della convivenza tra generi (e generazioni). Un impianto al servizio di uomini e donne, ragazzi e ragazze. Ambienti e attrezzature che rispondono all’obiettivo di dare a tutti e tutte la medesima dignità. L’esempio è un forte elemento educativo. I bambini guardano, ascoltano, emulano.

“Non è mai troppo tardi” si chiamava la trasmissione tv del maestro Manzi. Speriamo che sia così anche per la lotta al fenomeno dei femminicidi, perché in clamoroso ritardo lo siamo sicuramente


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