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Se la sosta per le nazionali dello scorso settembre era caduta a pennello, viste le grandi difficoltà di Palladino di gestire la sua nuova Fiorentina, quella di ottobre, non ci voleva proprio. D'altronde, come potrebbe essere altrimenti dopo una vittoria roboante come quella inflitta al Milan (già) poco più di una settimana fa. 

Una certezza c'è

Palladino, adesso, avrà sì altri giorni per preparare al meglio l'ostica trasferta di Lecce, ma non potrà godere dell'effetto-scia che aver rigiocato subito dopo il Milan avrebbe concesso. Ad ogni modo, però, pazienza. La Fiorentina, piano piano, sta salendo di prestazioni, nonostante ancora non sia ben chiaro il gioco prediletto dall'allenatore ex Monza. La costruzione dal basso non viene certamente praticata quanto veniva fatto con Italiano, mentre - almeno contro il Milan - le azioni più pericolose sono arrivate in ripartenza. Dodo e Gosens vengono largamente “sfruttati” da Palladino, che - e almeno questa è una certezza - si è convinto a giocare a quattro in difesa. 

Ma ancora diversi i dettagli da sistemare

Le successive conferme dovrebbero venire dal reparto davanti a De Gea, ormai già pilastro di questo gruppo. Pongracic è chiamato almeno alla convocazione contro il suo passato, nonostante la confidenza di Comuzzo sia cresciuta nell'ultimo periodo. Poi ci sarebbe anche da trovare una sistemazione al capitano. Volente o nolente, quella col Milan è stata la terza gara consecutiva in cui si è scelto di non far partire Biraghi dall'inizio: un chiaro segnale di come le gerarchie degli ultimi tre anni siano cambiate. Adesso gioca chi è più adatto al modulo e alla partita. Passando al centrocampo, invece, Adli ormai dovrebbe essere un titolare assicurato dopo i due gol di fila fra Coppa e campionato; insieme a lui, Bove sta mettendo in cascina sempre più chilometri percorsi. E l'attacco? Beh, con Kean e Gudmundsson c'è poco da ragionare. Ci limitiamo semplicemente a commentare le gesta tecniche di due che, a Firenze, mancavano almeno da un triennio.

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