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La questione infrastrutture nel calcio italiano è da tanti anni un tema molto complicato. Ne sanno qualcosa i tifosi della Fiorentina, ormai abituati ad assistere alle partite casalinghe della propria squadra all'interno di uno stadio-cantiere. Di questo e molto altro ne abbiamo discusso con l'Architetto Giuseppe De Martino, Direttore tecnico di Sportium, società di progettazione di impianti sportivi di ultima generazione del gruppo Progetto CMR International.

La vostra società ha progettato il nuovo stadio di Viareggio, tornato ad ospitare la finale del torneo giovanile proprio quest'anno. Che significato ha questo risultato nell’ottica allargata delle infrastrutture sportive in Italia?

Per un architetto, vedere il suo pensiero diventare materia è la soddisfazione più grande. Io amo sempre dire che sono già stato dentro agli edifici che progetto. I progetti però non si fanno da soli, c'è sempre un team dietro. L'Italia - in questo momento storico - ha bisogno di nuove infrastrutture sportive, ma non esclusivamente per l'alto livello. E' importante poter praticare sport in modo sicuro e la riapertura dello stadio di Viareggio, dopo 7 anni di chiusura, consente a tantissime categorie di persone di utilizzare l'impianto 365 giorni l'anno. Non è solo uno stadio, ma una specie di hub a disposizione di una città molto turistica, importante anche per generare indotto per i tanti servizi offerti. E appunto non vale solo per il calcio: è molto probabile che l'anno prossimo vengano ospitati lì i campionati italiani assoluti di atletica”.

La vista dall'esterno del nuovo stadio di Viareggio
Il nuovo impianto della città di Viareggio 

Cosa significa per Sportium - che ha firmato anche il progetto per il nuovo stadio del Cagliari - andare ad intervenire sugli impianti storici del calcio italiano? Quanto è difficile lavorare in questo particolare settore, sempre al centro di forti tensioni politiche?

Il calcio in Italia non è solo uno sport, è una questione politica e sociale. Gli stadi nel nostro Paese sono delle specie di cattedrali laiche dove si celebrano riti pagani. Ci sarà sempre qualcuno che avrà qualcosa da ridire, che era meglio prima, che era più bello bianco anziché nero… l'Italia è il paese dove tutti sono commissari tecnici, virologi, architetti. Intervenire sull'esistente è sempre difficile, devi avere rispetto per chi ci ha lavorato prima di te, ma bisogna anche capire che quando passano 50 anni sono cambiate le esigenze, i materiali, i requisiti, le normative. Nel caso di Cagliari, il vecchio stadio è già stato demolito, non è più recuperabile, ma quello odierno, in quanto a incassi, ricavi e opportunità, si può dire che sia moderno, del 2025".

Adesso passiamo al restyling dell'Artemio Franchi di Firenze. Lei trova paradossali e fuori dal tempo i vincoli posti sullo stadio?

La questione qua è molto spinosa. In Italia abbiamo la fortuna di possedere un patrimonio artistico unico al mondo, dunque il punto di partenza è sempre quello. Il Franchi è stato progettato da Pier Luigi Nervi, uno dei padri dell'architettura, e le sue scale elicoidali sono delle opere d'arte. La pianta a forma di ‘D’, in onore del Duce… un po' meno, onestamente. La torre di Maratona, invece, è un altro conto: così come le scale, anche quella va salvata. Tuttavia, ritengo che vincolare le curve sia un eccesso di zelo, a mio modo di vedere. Andare a costruire uno stadio dentro allo stadio, salvando delle cose che non si vedranno più - perché con le nuove curve non si vedranno più quelle originali - non potrà più essere intellegibile come adesso".

A cosa si riferisce?

"Parlo ad esempio del cavalletto nerviano - il tipo di trave che sostiene la tribuna - che verrà coperto dai sostegni della nuova struttura. Andarlo a salvare a tutti i costi, secondo me, è stato un accanimento. La lettura dell'opera di un grande personaggio come Nervi - che è stato un genio perché ha usato un materiale giovane, il cemento armato prefabbricato - non può prescindere dall'essere contestualizzata. L'arte va preservata ma il Franchi non è un monumento fine a se stesso, non è il Colosseo. Nessuno penserebbe di farci giocare la Roma dentro, mentre a Firenze la Fiorentina gioca dentro a un monumento. L'equivoco nasce qua: il monumento-Franchi non è più funzionale allo scopo iniziale. Magari in modo colorito, Commisso diceva che a lui delle scale elicoidali non gliene fregava niente, ma viene da una cultura, quella americana, dove questo non c'è. In Italia, però, non possiamo fregarcene delle scale elicoidali, ma esiste un limite fra ciò che va necessariamente preservato e ciò che può essere sostituito. A Londra hanno demolito lo stadio di Wembley con le torri che lo caratterizzavano, un baluardo dell'epoca vittoriana, quindi è una chiave di lettura che ha tante sfaccettature. Non è così semplice da liquidare". 

Le scale elicoidali dell'Artemio Franchi

Arriviamo infine all’ultima questione. In termini di tempo, quanto può costare la scelta di continuare a far giocare la Fiorentina in un cantiere aperto? 

“E' una scelta che costerà molto, ma è uno di quei problemi che esiste in ogni luogo. Il Barcellona ha la fortuna di avere lo stadio Olimpico, ha 40mila spettatori in meno però continua a giocare in città. E' chiaro che la Fiorentina non possa andare a Empoli, Pisa o Pistoia, sono stadi inadeguati per la squadra. Dunque è meglio giocare con 20mila spettatori in meno, ma a Firenze, rispetto a spostarsi da altre parti per avere lo stesso numero di tifosi. Poi è logico che dover lavorare a pezzi, prima su una parte dello stadio, poi su un'altra e infine su un'altra ancora - con la Fiorentina che gioca pure nelle coppe - diventa un problema. Sia per l'organizzazione del lavoro che per i costi di gestione del cantiere, c'è un evidente aggravio di tempi. Tuttavia, ritengo che non ci fossero alternative, non si poteva fare diversamente”. 

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Caro Fagioli, mi permetta il tono confidenziale, anche se non ci conosciamo. Ho letto il suo sfogo dopo essere stato mes...

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