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Nelle ultime partite prima della sosta, la Fiorentina è scesa in campo per una veste tattica simile ad un 4-2-3-1. Con Amrabat e Mandragora in mediana e Bonaventura (o Barak) avanzato dietro alla punta. In concreto, tuttavia, questa mossa non pare tanto improntata ad un drastico cambio di modulo, quanto piuttosto come una specie di “contentino” ai tanti criticoni.

La stagione non era iniziata nel migliore dei modi – nonostante l’immediato passaggio del playoff di Conference – per cui il dito era stato puntato, anche, sull’allenatore. Accusato di non essere in grado di svecchiare un abito che indossa ormai da tanti anni. Se dal punto di vista del posizionamento in campo, però, la squadra è apparsa con un uomo in più sulla linea degli esterni alti, dietro le cose non sono granché cambiate.

In particolare, Amrabat ha continuato a lavorare davanti, e dentro, alla difesa, arretrando tra i centrali per ricevere la sfera e (tentare di) smistarla. Lo stesso Bonaventura, dalla sua, già nel 4-3-3 si spingeva per arrivare al limite dell’area per calciare. Mentre Mandragora, anche col nuovo modulo, ha proseguito con compiti di gestione palla e non sempre al fianco del Nazionale marocchino.

Sembra perciò che solo sulla carta Italiano abbia cambiato i propri piani, quando in realtà gli interpreti hanno proseguito con le indicazioni di inizio stagione. Amrabat a recuperare (e provare a giocare da regista), Mandragora a fare ulteriore legna in mezzo e Bonaventura a inventare, vero jolly di una formazione che a centrocampo ha tremendamente bisogno di fantasia. Quindi, cari strateghi amanti della rivoluzione, aprite gli occhi: Italiano è riuscito a rinnovarsi (e a ritrovarsi) senza stravolgere la propria filosofia di gioco.


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