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E' sempre facile puntare il dito verso gli altri quando le cose vanno bene, un po' meno quando le cose vanno male eppure a Firenze succede anche questo. Succede con regolarità quasi disarmante in occasione delle conferenze stampa di Rocco Commisso, che facciano seguito alla peggior stagione post fallimento per punti fatti o al ritorno in Europa. Il ritornello è sempre lo stesso, il che fa capire quanto ci si esprima con totale disinteresse per le questioni di campo: non a caso, in questo primo mese disastroso in casa Fiorentina a fare mea culpa è stata soprattutto la parte tecnica, quella che di responsabilità ne ha ma non a livello di vertice piramidale.

E' toccato a Italiano dopo Bologna e a Biraghi dopo Istanbul, sperando che l'elenco possa vivere una tregua che altrimenti le cose si metterebbero davvero male, non è mai stata la volta della dirigenza. Il presidente aveva parlato di "critiche ingiuste" e "giocatori stufi" perché pretendere è sempre facile, è quando c'è da dimostrare e dare risposte che le cose si fanno difficili. E che dire di Barone e Pradè, dai quali sono arrivate tuttalpiù autoassoluzioni, spavalderie di ogni genere e perfino recriminazioni arbitrali, legittime ma non certo risolutorie. Perché a nascondere la polvere sotto il tappeto e a cercare continuamente nemici esterni senza guardarsi in casa non si risolvono certo i problemi. Il tempo della suscettibilità ingiustificata è ampiamente finito: meno chiacchiere e più risposte tra campo e scrivania.


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