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C’è chi dopo le prime due sconfitte di Cesare Prandelli nella sua nuova avventura alla guida della Fiorentina ha già cominciato a rimpiangere Iachini, il che è di per sé paradossale visto il plebiscito (o quasi) con cui il tecnico marchigiano venne esonerato a inizio novembre. Dopo 6 partite il bresciano ha fatto 3 punti (0.5 a partita) a fronte degli 8 in 7 partite del predecessore (1.14).

Forse chi ha accolto il Prandelli 2.0 anche con un certo entusiasmo si aspettava il tocco magico e un’inversione di tendenza immediata, come del resto di norma capita alle squadre in difficoltà. Ma la Fiorentina non è una squadra normale e un cambio sulla panchina non le basta, serve uno scossone a livello mentale che però può arrivare solo gradualmente e ci auguriamo che Prandelli stia procedendo proprio in quella direzione. Il bilancino matematico dopo un mese di guida francamente fa parte delle chiacchiere, così come il giudizio basato unicamente su numeri ottusi. D’altra parte chi subentra in corsa diventa per definizione erede della situazione precedente, che per la Fiorentina non era certo rosea.

Inutile in sostanza, strapparsi le vesti e attribuire chissà quale colpa a Prandelli, dopo che in precedenza molte erano cose era state sbagliate o fatte male, dalle scelte sul mercato all’allestimento di una rosa priva di qualunque tipo di vestito tattico adatto, fino all’ostinazione nello schieramento di molti interpreti fuori ruolo. Prandelli a questo punto è la guida, con il tostissimo compito di riparare ad errori altrui nel più breve tempo possibile. I giudizi dati con la calcolatrice lasciamo pure da una parte.


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