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Deboli e centrali o potenti e mal indirizzati. Questa sembra essere la regola dei tiri in porta, anzi, meglio dire vagamente verso la porta, dei giocatori della Fiorentina. Un difetto già evidente nel campionato scorso che, nelle ultime partite della stagione appena iniziata, pare si sia aggravato.

La definizione del tiro in porta è “azione del colpire il pallone con lo scopo di farlo entrare nella rete avversaria”. Tuttavia se un marziano avesse assistito alle ultime tre gare dei viola, tornerebbe sul suo pianeta pensando che lo scopo è o di colpire l’ometto che sta al centro del rettangolo creato da campo, pali e traversa. Oppure di lanciarla il più lontano possibile da lui, magari fuori campo, come nel baseball (chissà se su Marte conoscono il baseball?).

Eppure una regolare porta di calcio misura 7,32 metri di base e 2,44 di altezza, per una superficie totale di 17,86 metri quadrati: un salotto, non un ripostiglio, nel quale i viola non riescono neanche a fare capolino.

Nelle ultime tre gare terminate senza fare un solo gol (bravi comunque e non prenderne, ma questo è un altro discorso) la Fiorentina ha effettuato 37 tiri. Di questi meno di un terzo (12) nello specchio della porta, senza segnare.

E’ evidente che c’è un problema di mira: troppi palloni volano alti verso gli spalti o si avvicinano più alle bandierine del calcio d’angolo che ai pali della porta. Ma c’è anche un problema di potenza per quei pochi tiri che nel “salotto” riescono ad entrare. I portieri di Empoli, Twente e Napoli non hanno dovuto esibirsi in interventi da cineteca per fermare gli pseudo-tiri dei giocatori viola.
Azioni travolgenti come un rullo di tamburi, che finiscono con una pernacchia.

Più che un allenatore di calcio c’è bisogno di un Geppetto che “addirizzi” i piedi di Sottil e compagni. Oppure dotiamoli di un collimatore sul naso per inquadrare il bersaglio. Tirare e non segnare è un fastidioso coitus interruptus calcistico.


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