Di Bartolomeo: "La legge italiana dà responsabilità enormi al medico, altrove decide l'atleta ma questo gap fa storcere il naso. Bove in otto minuti era in Ospedale, velocità decisiva"
Fa discutere la differenza di legislazione tra un paese e un altro, che di fatto costringerebbe Bove a rinunciare alla Serie A in caso di installazione di un defibrillatore sottocutaneo. Il dottor Roberto Di Bartolomeo, specialista in chirurgia cardiaca, al Corriere dello Sport ha commentato proprio questo gap legislativo:
"La nostra legge dà una responsabilità enorme al medico. Parliamo in termini brutali: se il paziente torna in campo e muore, viene incolpato il cardiologo. Negli Usa, in Inghilterra, in Germania e in altri Paesi europei ti dicono: 'hai questa patologia. Se vuoi giocare fai pure, ma a tuo rischio e pericolo'.
Noi italiani siamo i più rigidi in assoluto. Con la salute non scherziamo. Mettersi d’accordo a livello internazionale, e nei casi meno gravi far decidere ai pazienti, non sarebbe sbagliato. Diciamo anche che per il medico scaricare tutto sui pazienti non è il massimo... noi vogliamo curare le persone e fare in modo che vivano, però fa storcere un po' il naso il fatto che in un posto si possa giocare e in un altro no.
Cosa ci insegna il caso Bove? Che a salvarlo è stata la velocità dei soccorsi. Otto minuti dopo il malore era già in policlinico. Su tutto il resto si è detto molto: la torsione di punta, il potassio basso, la cicatrice nel ventricolo sinistro. Ma non si hanno certezze.
I calciatori e il primo soccorso? È sempre un bene, per tutti i cittadini, conoscere le manovre di primo soccorso. Si apprendono in corsi di poche ore. È comunque sempre meglio che intervenga chi è del mestiere. Cataldi ad esempio è stato bravissimo con Bove, ma quella manovra, se non fatta bene, può essere anche deleteria per il paziente".