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Il gol più bello della sua carriera (lo conferma lo stesso giocatore nel post partita), una perla da quasi trenta metri che ha sorpreso uno strepitoso Carnesecchi. Rolando Mandragora l'ha vinta da solo, la gara di andata di semifinale contro l'Atalanta, che altrimenti - per il resto - si è difesa alla bene e meglio, ma sempre all'ultimo “tuffo”. 

Un Mandragora in evidente crescita

Una partita da otto pieno in pagella, condita anche da un'importante fase di impostazione e alcuni recuperi palla da prendersi gli applausi del parterre del Franchi. Che fosse in crescita, ad ogni modo, lo si era visto anche nelle ultime uscite; in realtà, già dalla rete segnata a Lecce, poi ripetutosi contro il Maccabi Haifa e infine, anche nell'ultima di campionato, aveva impegnato Maignan. Il suo mancino non perdona, ma Italiano non lo sta schierando dall'inizio solo per il suo buon tiro. 

Al posto giusto, al momento giusto

Arthur, come si evince dal campo, non sta bene. Il brasiliano, che veniva dagli zero minuti “conservativi” - a detta di alcuni fautori del turnover senza una precisa logica - con il Milan, ha disputato appena una quindicina di giri di orologio in Coppa Italia, non entrando praticamente mai nel vivo dell'azione. Mandragora, dunque, si trova adesso nel posto giusto (in mezzo al campo, ma non necessariamente con compiti impellenti in impostazione) ma soprattutto nel momento giusto (dato che il recupero del numero 6 non si risolverà in pochi giorni). Domenica sera la sfida alla ‘ex’, sia per il numero 38 che per Arthur, con una quasi-certezza: un Mandragora così è difficile da lasciar fuori.

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