Un Sirigu arrugginito, ma non poteva essere altrimenti. Tra i pali della Fiorentina servono idee chiare e gerarchie ben definite
Dovessimo scegliere un aggettivo per definire Salvatore Sirigu in base alla prestazione di ieri sera, il migliore sarebbe senz'altro "arrugginito". L'ex Napoli, all'esordio con la maglia della Fiorentina, è apparso in generale un po' pesante e poco reattivo nel valutare certe dinamiche di gioco. Questo al netto dei gol subiti, su cui si è tuffato in ritardo ma che erano oggettivamente complicati da evitare, soprattutto il primo dove c'era un giocatore (in fuorigioco) a disturbare la visuale.
Niente giudizi affrettati però, perché una prestazione del genere è normalissima per un portiere che non gioca da più di sei mesi. Stare lontano dal campo significa perdere la confidenza con le distanze e con i ritmi di gioco, e allora ecco che - per fare un esempio - un tiro abbastanza innocuo diventa velenoso e costringe Ranieri ad avventarsi sulla respinta per evitare guai peggiori. A onor del vero Sirigu è stato anche bravo nel finale a deviare in corner un colpo di testa ravvicinato, ma la questione va oltre gli episodi.
Il portiere arrivato a gennaio al posto di Gollini ha dalla sua una grandissima esperienza, e delle basi tecniche solide che gli possono permettere di sopperire ad alcune inevitabili lacune dovute all'età e soprattutto alla forma fisica non eccelsa. Purtroppo l'unico modo per permettere a un portiere di riacquisire sicurezza è farlo giocare, e in questo dovrà essere bravo Italiano. Stabilire una gerarchia chiara tra campionato e coppe, senza cambiare idea al primo errore di Sirigu o Terracciano, sarebbe forse la cosa migliore.