Come una signora dell'alta società che passa dalla boutique al mercato, ma conserva nel portafoglio una carta di credito platino da utilizzare in qualsiasi momento per togliersi i propri sfizi. E' la metafora decisamente calzante che Il Fatto Quotidiano utilizza per descrivere l'operato della Juventus, in teoria volto a tagliare i costi elevatissimi di un bilancio in netta perdita. 

Il peso dell'operazione Koopmeiners

In teoria, appunto, perché in realtà poi il club bianconero ha fatto tutto fuorché risparmiare. L'acquisto di Koopmeiners per 55 milioni dall'Atalanta ha portato la spesa sul mercato a quasi 165 milioni di euro, il maggior esborso dalla stagione 2019/2020. In altre parole, l'arrivo del giocatore olandese ha fatto pendere una bilancia fino a qual momento abbastanza in equilibrio verso un saldo negativo di oltre 60 milioni.

Ma in Italia si può

Non c'è da sorprendersi, d'altronde, considerando che la Serie A è un campionato praticamente senza regole a livello di finanze. Niente salary cap come accade in Spagna, niente tetto all'indebitamento alla maniera della Premier League. Quest'anno la Juventus sfonderà il muro dei 900 milioni di euro di perdite totalizzate negli ultimi sette anni, periodo che comprende l'operazione Cristiano Ronaldo e ovviamente la crisi dovuta alla pandemia. 

Una situazione complicata… che alla Juve non sembra interessare 

Il libro paga della Juventus resta il più alto di tutta la Serie A, nonostante un saldo positivo tra contratti risolti e nuovi stipendi. Quello di Koopmeiners ad esempio è più basso rispetto a quello di Chiesa, di cui l'olandese ha preso il posto a bilancio, ma cedendo l'ex Fiorentina all'ultimo anno di ammortamento nel bilancio la Juve ha capitalizzato ben poco il valore del giocatore. Insomma, per centrare gli obiettivi del piano di risanamento entro il 2026/27 serve fare molto di più. Ma questo, nel momento in cui sono stati acquistati giocatori come Douglas Luiz, Nico Gonzalez e Koopmeiners, sembrava non interessare ai dirigenti bianconeri. 

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