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Credits: ACF Fiorentina
Credits: ACF Fiorentina

Stavolta non ci sono nemici nel mirino. Stavolta non ci sono accuse per tizio o caio. Il tono è conciliante, quasi suadente. Niente aggressività, zero arroganza. E’ stata la conferenza stampa delle scuse, delle ammissioni e dell’autocritica. Una novità per la Fiorentina di Commisso

Clima di serenità

Ieri il direttore generale Alessandro Ferrari e il direttore sportivo Daniele Pradè hanno affrontato la stampa innescando da subito un clima di serenità. Si parla della squadra che sta a cuore a tutti: dirigenti, tifosi, giornalisti. 

La sconfitta nella finale di Conference, anzi, quella cocente delusione collettiva, è diventata uno spartiacque tra il prima e il dopo. Un trauma che potrebbe rivelarsi taumaturgico per i rapporti tra la società viola e il resto del mondo.

“Mi dispiace e chiedo scusa”

“I tifosi per me e la mia famiglia vengono prima di tutto e tutti. Mi dispiace non averlo ricordato anche al termine della partita”, ha scritto il presidente Commisso nella sua lettera aperta. E ancora: “Mi dispiace e chiedo scusa per il mercato di gennaio”; “Sono il primo a essere deluso anche per la posizione di classifica in Campionato”. 

Mea culpa

Un mea culpa che è continuato nelle frasi di Ferrari e Pradè: “Abbiamo sbagliato a non parlare dopo la sconfitta, il dolore annebbia la lucidità”;  “Non siamo soddisfatti dell’ottavo posto”. E sul mercato di gennaio: “Un errore non essere riusciti a sostituire Vlahovic”. Tanto che l’acquisto di un centravanti è “la priorità di mercato” e, nonostante le attenzioni al bilancio, anche prima di incassare da qualche cessione, “se si presenterà un’occasione da aggredire, abbiamo già l’ok del presidente”.

Quasi una rivoluzione copernicana nell’atteggiamento della dirigenza viola, in grado di far passare in secondo piano l’annuncio di Palladino nuovo allenatore.

Un'azzeccata coincidenza?

Mentre i due parlavano nella sala stampa del Viola Park, dietro a loro passava la scritta: “The beginning of new era”: l’inizio di una nuova era. Solo un’azzeccata (e confortante) coincidenza? 

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