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Con un lungo editoriale su Gazzetta.itMarco Bucciantini ha commentato il grande momento che sta vivendo la Fiorentina di Raffaele Palladino. Di seguito alcuni passaggi salienti. 

‘Ecco i 15 minuti in cui Palladino ha scelto’

Palladino, è passato dall’Università del Gasp è passato e non smette di ricordarlo con i suoi modi cortesi, educati, ma che saggiamente ha da subito (Monza) virato in versione alleggerita, essendo impossibile replicare l’originale: il rischio è la parodia, per giunta inefficace. A Firenze, Palladino è andato oltre, e c’è un momento preciso in cui sceglie: sono 15 minuti rintracciabili nella breve storia del campionato, all’intervallo di FiorentinaLazio, dopo un primo tempo in cui la Lazio era superiore dappertutto e la Fiorentina non riusciva a liberarsi nelle idee immaginate insieme: dunque le ha cambiate (le idee). Tornò in campo con Gudmundsson, al rientro da un infortunio muscolare e all’esordio con la Fiorentina, e con un difensore in meno. Da quel momento, la Fiorentina giocherà sempre con l’allineamento a quattro in difesa, quasi sempre con tre centrocampisti puri e variamente dislocati, e almeno tre giocatori d’attacco per documento".

“Il centrocampista in più (quello gratificato dalla scelta, quello che avrebbe faticato a trovare posto in una mediana con due soli uomini) è Adli, il più raffinato della compagnia, esaltato dal trovarsi al centro del gioco e dei sentimenti, è lui che impreziosisce la manovra, finalmente sciolto nel gioco ed emancipato dai suoi difetti perché il presidio mediano è assicurato da Cataldi, il più specializzato, il più esperto, la bilancia o il pendolo dell’orologio. A correre ci pensa Bove, che è lo stucco della squadra, s’accomoda sul centro sinistra per dare armonia alla scacchiera ma poi copre ogni porzione svuotata dall’agonismo trascinante d’un match, dalle iniziative individuali, dalle fatiche e dagli errori. Uno dei migliori giocatori del campionato per rendimento, un fenomeno dove non c’è l’inquadratura ma ormai talmente in fiducia da divertirsi anche nell’apparire, nel sostegno all’attacco, nel concludere: la vocazione d’assalto s’era già scoperta a Roma. Un centrocampo costruito dalla società e dall’allenatore con intuito e visione, setacciato fra i giocatori in esubero in squadre che oggi – non è il caso della Lazio, che gira benissimo e dove Cataldi ha sudato per 250 partite, consumando qualsiasi obiezione – non possono sottrarsi al rimpianto, bruttissima compagnia, utile come ogni lezione di vita se ci fossero dirigenti intemerati in grado di assumersi le responsabilità. Bove è un errore storico irrimediabile della Roma, perché la Fiorentina può riscattarlo con soli 10 milioni di spesa, e 13 ne serviranno per Adli (anche lui avrebbe meritato un’occasione in un Milan che si propone di palleggiare più degli anni scorsi, e che invece incaglia nel compito l’indelicato Musah) e 4 per riscattare Cataldi".

‘Un reparto che asseconda le necessità della squadra, con circa 27 milioni’

“In breve, con circa 27 milioni la Fiorentina ha composto un reparto che sembra completarsi e asseconda il resto della squadra in tutte le necessità e le possibilità. Perfino in porta c’è un residuo ma arriva dal calcio inaccessibile del decennio passato, quello dei campioni altrove: uno era lui, De Gea. E davanti, poi, c’è un trascinatore inatteso. Moise Kean invece non ha sprecato un minuto, forse per la prima volta a suo agio in un posto, in una dimensione, in una rosa che lo sgrava dell’ansia da concorrenza, in una squadra che lo asseconda, che lo vuole e che lui trascina con un coraggio e una fierezza molto significative, con una lotta e una ‘presenza’ agonistica che vanno oltre i gol segnati. Ci mette l’urgenza di chi vuole vivere un tempo ancora giovane, ma invecchiato velocemente. Ci mette uno sconosciuto senso del dovere verso l’occasione – non la prima di una troppo mossa carriera, ma forse la più acconcia”.

"La Fiorentina oggi è gratificata da un lavoro competente e forse ‘etico’ sugli sprechi altrui: pensando ai tre nel mezzo, se fosse cibo sarebbe un centrocampo di ‘avanzi’ e allora se fosse un piatto sarebbe la Ribollita, quella zuppa del posto, toscana, cotta con le vivande del giorno prima e ha nutrito la povera gente a fagioli, verdure e pane raffermo. Un piatto semplice e ingegnoso, di enorme forza, legato insieme in modo davvero simile alle cose sopra raccontate. La Fiorentina non è povera ma s’è imposta il principio (morale) dei conti in ordine, investendo sulle infrastrutture (Viola Park). Un triennio in crescita e poi consolidato nei risultati è stato ‘mitigato’ da qualche acquisto sbagliato, da qualche scommessa perduta (specie in attacco) e dall’ultima finale persa in un’esibizione mancata: l’accumulo di scetticismo ha un po’ intossicato la valutazione del passato e non ha permesso un racconto onesto dell’ultimo mercato, del quale oggi sentiamo perfino il sapore. La Fiorentina – e Palladino, con talentuosa naturalezza – ha ‘liberato’ giocatori in qualche modo trattenuti o avviliti e per questo maggiorati da un senso di rivincita: il nutriente del giorno dopo, il cibo che riscatta e per questo dà forza“.


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