Antognoni: "Quello che provo per Firenze è speciale e l'amore della città non lo si può spiegare. Un mio erede? Nel calcio di oggi non si gioca più guardando le stelle"

La bandiera della Fiorentina Giancarlo Antognoni ha rilasciato un'intervista a La Gazzetta dello Sport in cui ha ripercorso e raccontato la sua carriera in viola, ma non solo.
"Nel primo ricordo mi vedo correre avanti e indietro nel bar di mio padre Gino, a Piazza Birago, a Perugia - dice l'Unico 10 ripensando all'infanzia - Era un Milan Club: tutti riveriani. Rivera era il mio idolo. La prima partita dal vivo l'ho vista a Bologna, avrò avuto dieci anni. Partimmo in pullman, fu una giornata lunga. Vinse il Milan, tornai a casa felice. Il verde del campo, il pallone bianco, la gente sugli spalti: ai miei occhi era una meraviglia”.
Poi però a mettere le mani sul giovane calciatore perugino fu la Fiorentina "Quello che io provo per Firenze è qualcosa di speciale. E l'amore che Firenze mi ha regalato non si può spiegare. Ne sono orgoglioso, ma so che è anche una responsabilità.
"La partita perfetta?" prosegue il campione del mondo "Ve ne dico due: Fiorentina-Roma 3-1, aprile 1980. Due gol miei su punizione, un autogol di Santarini provocato da un mio tiro: quella domenica mi riusciva tutto. E l'altra era un'amichevole a Liegi nel 1977, Belgio-Italia 0-1, gol mio. È la partita del debutto in azzurro del mio amico Paolino Rossi. Io invece debuttai nel 1974 contro l'Olanda di Cruijff, mica con un'avversaria qualunque…Con la maglia azzurra non furono sempre rose e fiori però, al mondiale del 1982 mi infortunai in semifinale contro la Polonia, ed ho saltato la finale con la Germania. Il fatto è che volevo segnare anch'io. Qualche giorno prima, al Sarrià contro il Brasile, mi era stato annullato un gol per fuorigioco. Il gol era regolare, me l'ha confidato di recente il presidente della Fifa, Infantino, e l'arbitro di quella partita, Klein. Saperlo con certezza è stato pure peggio...".
L'ex capitano della Fiorentina ha poi concluso cercando qualche suo erede nel calcio di oggi “Forse mi rivedo In qualche gesto di Calhanoglu, dribbling stretto e tiro potente. Ma la verità è che i 10 com'ero io non li vogliono più. lo facevo il 10 e anche la mezzala. Oggi gli allenatori mi farebbero giocare esterno, oppure dietro la punta nel 4- 2-3-1. Non si può più ”Giocare guardando le stelle", bisogna concentrarsi sul pallone: il calcio di oggi impone di pensare in fretta".