Mi è capitato, per vicende che non interessano ai lettori, di non poter vedere la partita Fiorentina-Lazio in diretta. Ho quindi sperimentato, cosa accaduta davvero raramente, la visione il giorno dopo. Conoscevo il risultato, avevo letto le cronache e quindi sapevo quali e quando erano accaduti gli episodi chiave, avevo dato un’occhiata alle pagelle stilate da giornali e siti. 

E’ stata una visione molto diversa sia da quelle alla tv in diretta, che, ancor più, da quella allo stadio. Ma non per questo meno interessante. Non seguire con apprensione il susseguirsi delle azioni, non sentire crescere sofferenza o soddisfazione, non avere scariche di adrenalina minuto per minuto, mi ha permesso una visione da “laboratorio”. Distaccata. Quasi asettica. Alla ricerca del dettaglio interessate.

Ho così appuntato mentalmente alcune considerazioni che questa vivisezione della partita mi ha suggerito e che vi propongo come temi di dibattito (dato che ognuno vede e vive la partita a modo proprio).

Le fasce

Per la prima volta mi pare che Colpani e Dodô siano riusciti a duettare in modo utile alla squadra. Non altrettanto posso dire della fascia opposta. Tra Gosens e Bove prima, e tra Gosens e Kouame dopo è stato un dialogo tra sordi. Bene i molti cross dalla destra (peccato che Kean non li abbia sfruttati a dovere); male i pochi cross dalla sinistra.

A proposito di Kean: impressionante la ferocia agonistica che porta in campo. Se aggiusta un pizzico la mira…

Ma Kayode?

Mi chiedo che fine abbia fatto Kayode, l’unico giocatore che mi sarebbe dispiaciuto se fosse stato venduto. Tenerlo in rosa è stata una decisione saggia e lungimirante. Tenerlo in panchina e mandare in campo Ikone (Kayode può giocare anche lì, come ha dimostrato all’Europeo) un po’ meno.

Sono rimasto perplesso nel vedere ancora un volta accendersi una diatriba in campo fra giocatori su chi deve battere il rigore. Palladino ha spiegato che non vi sono gerarchie definite. E questo mi rende ancora più perplesso.

Gudmundsson e i paragoni azzardati

Infine Gudmundsson. L’islandese è entrato benissimo in partita, ha dimostrato di valere il prezzo del cartellino, ha avuto freddezza e precisione nel calciare i rigori. Tuttavia lascerei perdere i paragoni con Hamrin dopo solo un tempo di gioco. Aspettiamo almeno tre o quattro campionati. Non basta venire dal Nord e portare i calzettoni alla cacaiola (questo era il termine usato ai tempi di Kurt) per essere paragonati ad un monumento della Fiorentina. Stiamo parlando del miglior marcatore della storia viola. Vedere somiglianze dopo 45 minuti è ridicolo. Andrei in sollucchero se Gudmundsson riuscisse a fare, durante la permanenza alla Fiorentina, anche solo la metà di ciò che ha fatto Uccellino.

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