Dov’è finita la Firenze delle notti in Champions, dei grandi campioni, dei fischi in semifinale di Europa League? L'importanza di ricordare chi eravamo... per smettere di accontentarci
Venticinque anni (quelli del qui presente articolista) sono pochi per poter dire di aver vissuto Baggio, Rui Costa e Batistuta. A dire il vero, anche per poter dire di aver vissuto il periodo del fallimento, fortunatamente. Sono abbastanza, però, per ricordare una fetta lunga e importante di storia della Fiorentina, dal 2005 a oggi, diciannove anni in cui è successo tanto ed è cambiato tutto, due proprietà in primis.
E in cui l’umore di Firenze, intesa come piazza malata di calcio, si è trasformato spesso ma sempre coerentemente con l’unico principio fondamentale che chiunque lavori in società dovrebbe conoscere: la Fiorentina, per i suoi tifosi, è una ragione di vita. Ed è per questo che, oggi, è quantomai importante ricordare chi siamo stati. Non per fare confronti, non per stabilire migliori e peggiori, ma per fare capire che dal passato - cambiandolo e rinnovandolo - si può sempre imparare. E che un mercato fatto di due prestiti con la squadra in piena lotta per l’Europa, se sei la Fiorentina, non può passare inosservato.
Noi siamo quelli che…
…dopo il fallimento, nel giro di due anni saremmo tornati in Champions League, non fosse stato per le penalizzazioni di Calciopoli.
Siamo quelli che vendono Luca Toni, sì, ma all’estero e dopo averlo trattenuto un anno per portare la squadra in Europa. E se va via Toni, arriva Gilardino.
Siamo quelli che, dopo la Coppa Uefa (quei dannati rigori con i Rangers…), si qualificano subito in Champions League e alla seconda partecipazione consecutiva sbancano Anfield e poi escono contro la futura finalista per uno scandalo arbitrale.
Siamo quelli di Frey, Vargas, Mutu e Jovetic, dei campioni che scelgono Firenze.
Siamo quelli dei fischi a Mihajlovic, della scazzottata tra Ljajic e Delio Rossi, ma anche quelli che dopo due anni di inferno tornano con una squadra nuova che gioca il calcio più bello d’Italia.
Siamo quelli della Champions persa per i rigori dati al Milan, dei tre quarti posti consecutivi quando nell’Europa che conta ci andavano solo le prime tre.
Siamo quelli dell’Europa League giocata per quattro anni di fila e onorata, con l’apoteosi delle notti contro il Tottenham. Siamo quelli che fischiano la squadra perché sta perdendo la semifinale contro un Siviglia semplicemente ingiocabile.
Siamo quelli che riempiono uno stadio per accogliere Mario Gomez, che si innamorano di Borja Valero e Pizarro, che sognano con i gol di Giuseppe Rossi e fanno le tazze per una partita (LA partita) vinta contro la Juventus.
Siamo quelli che, con la squadra terza in classifica, sentono parlare di “autofinanziamento” e capiscono che qualcosa si è rotto.
Siamo quelli che contestano, duramente e brutalmente, fino a ottenere quello che vogliono.
Siamo quelli che, il 6 giugno 2019, festeggiano l’inizio di una nuova era immaginandosi un futuro glorioso, la Fiorentina di nuovo grande.
Siamo quelli che, quattro anni e mezzo dopo, scoprono che in realtà – a parte un meraviglioso centro sportivo – è cambiato ben poco. E pensare che a molti di noi, oggi, sarebbe bastato un Gudmundsson qualunque.