C'era una volta il calciomercato. Iervolino come Commisso: quando l'etica dei presidenti conta più del valore tecnico della squadra
C'era una volta il calciomercato. Quel periodo dell'anno calcistico in cui dirigenti, procuratori e calciatori cambiano e si scambiano, partono e ritornano dov'erano prima: dov'erano stati bene. E poi ci sono i presidenti, coloro che mettono sempre -di diritto- l'ultima parola nelle trattative. Ci mancherebbe altro, i padroni sono loro e ciò che muove tutte le trattative è possibile soltanto grazie alle loro risorse. Allora può capitare che gli affari saltino, che non vadano in porto per "colpa" dei proprietari delle società. Nella storia recente della Fiorentina, questi episodi sono ricorsi già più volte.
L'ultimo per tempo è ovviamente il caso di Lucas Torreira. Giocatore non riscattato dalla società perché ritenute troppo alte le cifre del cartellino e dell'ingaggio richiesto dall'ormai ex viola. Inoltre -e qui si arriva al centro del discorso- l'acquisto non c'è stato a causa di divergenze tra la proprietà e l'agente del calciatore. Divergenze che, in questi casi, prendono il nome di commissioni. Quelle stesse che, con modi diversi, avevano fatto allontanare Gennaro Gattuso da Firenze e Dusan Vlahovic lo scorso gennaio. Un problema non di poco conto -sia chiaro- che nel calcio(mercato malato) moderno si fa sempre più incombente. Più gli assistiti sono succulenti, più il loro entourage cerca di ricavarne il massimo dai contratti milionari.
Episodi che d'altronde non si vedono solo nel capoluogo toscano. Basta scendere la penisola di qualche centinaio di chilometri per notare come lo stesso presidente della Salernitana abbia spinto il proprio ds a lasciare appena due settimane dopo il miracolo sportivo della salvezza. Rocco Commisso e Danilo Iervolino non sono i soli presidenti a fare a braccio di ferro con i procuratori. L'entourage di Lassana Coulibaly non si è preso il milione di euro promesso da Sabatini, così come Bentancur è rimasto a bocca asciutta davanti alle porte dei money viola. I due presidenti non sono i primi né saranno gli ultimi a comportarsi in questo modo, ma dietro non c'è soltanto una questione economica.
Le loro battaglie contro il "sistema marcio" sono certamente lodevoli. Ma si può dire lo stesso degli effetti che esse producono sulle proprie squadre? Non concedere i compensi richiesti da parte di chi cura le trattative è una questione di principio così imprescindibile da travalicare ogni logica tecnico-sportiva? Fare degli agenti di mercato una categoria da incolpare in toto è la soluzione a tutti i mali delle società? Domande che vengono spontanee quando ci si trova davanti a più casi di disaccordo che di incontro. Se negli episodi Gattuso-Mendes vs Commisso e Vlahovic-Ristic vs Commisso aveva prevalso il buonsenso e, soprattutto, il sostegno della maggioranza dei tifosi, nel caso di Torreira gli applausi si sono ribaltati. "Fischi" social e petizioni online per cercare di far aprire gli occhi alla Fiorentina. Già dall'inizio, cioè da quando era uscita la notizia del mancato riscatto, e poi anche dopo le parole dell'agente uruguayano. Ancora oggi, i tifosi si stanno chiedendo: "Caro Presidente, è proprio sicuro che quel 5/10% di commissioni al procuratore di Lucas era così inaccettabile da far naufragare la permanenza del giocatore simbolo della squadra?"
La risposta, come si è potuto vedere, è stata affermativa. L'agente -anche questo- si è comportato male e la colpa se è saltato tutto è sua. Con la conclusione che è sempre la stessa: la battaglia morale del proprietario del club è vinta e gli sciacalli sono affogati nel fossato del castello. Intanto direttore sportivo, allenatore e giocatori si ritrovano senza un punto fermo della squadra. Coinvolto indirettamente nella "maledizione dei procuratori". Etica 1 - Bentancur 0. C'era una volta il calciomercato. Quello dei presidenti che portano avanti contese morali piuttosto che preoccuparsi esclusivamente del bene della propria squadra.