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Ecco, se Ikonè avesse messo in porta quel pallone all’ultimo minuto, non sarebbe certo il caso di parlare di insoddisfazione. Ma dato che non è successo, la Fiorentina può dirsi rammaricata per aver strappato via appena un punto. Lo scorso anno avremmo fatto festa grande per un risultato simile, che, a questo punto della stagione, ci avrebbe avvicinato alla quota salvezza. Ma il +17 di differenza rispetto alla squadra di Iachini/Prandelli strizza l’occhio a una sorta di consapevolezza ritrovata. È quella dell’allenatore che, come prima cosa che gli viene in mente dopo il fischio finale, è quella di chiedere al proprio giocatore se poteva fare meglio dalla posizione in quell’ultima occasione. È quella del direttore sportivo che, nel post gara, parla di “amarezza” per il risultato finale e non di sentimenti come sollievo o gioia. È quella dei calciatori -anche quelli arrivati quest’anno- che stanno imparando a capire cosa significa giocare per la maglia viola.

Non si tratta di retorica. Ci sono squadre blasonate e altre destinate a lottare per salvarsi. La società gigliata ultimamente (ed erroneamente) era stata inserita nel guazzabuglio di formazioni dove galleggiano insieme neopromosse e programmi fallimentari. Ma chi conosce la storia della maglia viola, sa che questa non appartiene a quel gruppetto. Le aspirazioni sono ben altre. Talvolta puntano alle stelle. Per questo il pareggio con l’Inter, arrivato dopo una prestazione se non superiore, quantomeno alla pari dell’avversario, ha lasciato nei tifosi fiorentini quel pizzico di frustrazione. Quella punta di malcontento che ha però un retrogusto dolce, diverso dalla insipidità tipica di un 1-1. È la consapevolezza: l’epifania dell’essersi ritrovati. Non come squadra, né come identità di gioco, ma come realizzazione di sé stessi. Riconoscersi nei valori della squadra di Firenze e non vituperarli in campo come troppo spesso si è visto fare nelle ultime stagioni. Lottare per un obiettivo nobile al quale altre big italiane puntano già da tempo, ma si trovano nel mezzo il Marzocco che ha ritrovato il suo scudo. Quello stesso che pareva aver smarrito da quando si era avventurato per la prima volta nelle foreste del nuovo continente.

La consapevolezza di giocare in e per un club storico come la Fiorentina sta gradualmente arrivando a tutti quanti nello spogliatoio. Le angosce e le paure sono un ricordo lontano, di tempi bui in cui il nome della squadra era trattato al pari di società che non hanno progetti per il futuro. Questa società, invece, ci pensa eccome. Al futuro. Le basi poste in questa stagione di rinascita potrebbero -perché no- già riportare il nome della Firenze del calcio in Europa. Ma, se così non dovesse essere, il progetto tecnico sarebbe all’altezza per ripartire dal punto giusto la prossima stagione. Intanto, però, godiamoci questo punto in trasferta contro l’Inter. Con la coscienza che, se non lo si ritiene un risultato appagante, significa che siamo sulla strada giusta.


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