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Nelle recenti sconfitte della Fiorentina è apparsa evidente una mancanza di leadership. Forse dovuta al fatto dell’assenza di Lucas Torreira o forse perché in generale a questa squadra sono sempre mancati dei punti di riferimento. Nel corso della stagione, era stato l’ex Samp a prendere per mano i compagni e trascinarli spesso e volentieri alla vittoria. Le sue reti sono state cruciali e hanno aiutato un reparto che dalla partenza di Vlahovic si deve ancora ritrovare. Ma il punto è un altro: nella rosa di Vincenzo Italiano difettano le personalità forti. Il carisma è proprio ciò che servirebbe in quelle partite, come la Sampdoria, dove conta meno il gioco e più l’approccio psicologico. Contro Salernitana e Udinese si era notata allo stesso modo una perdita di autostima, una debolezza caratteriale che aveva portato alla sconfitta contro formazioni abbordabili. Se con la Roma, Biraghi e compagni avevano ritrovato quello spirito battagliero e soprattutto la forza di sbloccare il match dopo pochi minuti, a Genova è successo (di nuovo) l’esatto contrario.

Proprio sulla figura del capitano viola ci si dovrebbe soffermare per inquadrare meglio il problema. Cristiano Biraghi è stato scelto, dal ritiro estivo, per condurre i compagni, grazie alla sua esperienza e alla sua permanenza pluriennale a Firenze. Un elemento portante di quella fascia al braccio però dovrebbe ritrovarsi nella leadership. Adesso che i giochi stanno per concludersi, si può affermare che il n°3 viola non è stato sempre all’altezza di quel compito. Le sue buone, talvolta ottime, giocate non hanno tenuto il passo del carisma, componente fondamentale di un comandante. Ovviamente, il carico non deve e non doveva gravare interamente sulle sue spalle, ma lo spogliatoio ha fatto fatica a far uscire altri capigruppo. L’unico, come si diceva in precedenza, è stato Torreira che -non sarà un caso- quando è mancato, anche la squadra ne ha risentito sotto il profilo caratteriale. L’allenatore, dal canto suo, sarebbe dovuto intervenire, trovando o facendo emergere una figura di spicco che potesse sollevare i compagni nei momenti di bisogno. Questa mancanza si è resa clamorosamente evidente nelle batoste subite in questa stagione.

Allora, non basta e non può bastare mai solo il gioco. Nemmeno Guardiola potrebbe vincere tutte le partite appellandosi unicamente al suo genio tattico. Così anche la Fiorentina di Italiano deve cercare un appoggio, un’ancora alla quale aggrapparsi quando le cose sono sul punto di precipitare. Non avendola mai trovata, il fondale di questa stagione è stato -svariate volte- molle. Le gare in cui i Viola erano sotto difficilmente sono state rimontate: un ulteriore sintomo di ciò che sarebbe servito per raggiungere più velocemente la qualificazione all’Europa. La riserva tecnico-tattica di Italiano, d’altro canto, non ha ancora esaurito tutte le cartucce. Nell’ultima e cruciale sfida alla Juventus, non basteranno quindi schemi e triangolazioni. Serviranno piuttosto: carattere, carisma e autostima. Componenti imprescindibili di un gruppo che vuole fare qualcosa di grande. Per raggiungere un obiettivo che un anno fa sarebbe stato impensabile. E allora che Italiano-ball sia, ma senza lasciare nello spogliatoio quelle altre cose rotonde.


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