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Dove non erano riusciti Toni e Gilardino, Pasqual e lo stesso Astori, dove perfino Chiesa stentava, è stato Biraghi a centrare l’obiettivo: riportare l’attenzione dei tifosi viola sulla Nazionale. Sotto la Torre di Maratona il “Club Italia” da molti anni non suscita passione. Neanche le più recenti  venature di viola sulla maglia azzurra hanno riacceso un interesse da tempo sopito.

Ma dopo Polonia-Italia, con gli azzurri di Mancini vittoriosi grazie al gol nei minuti di recupero del terzino della Fiorentina, a Firenze non si parlava d’altro. I mille bar sport che quotidianamente si accendono davanti ad un cappuccino o alla scrivania di lavoro, dietro il carrello della spesa o ai banchi di scuola, avevano un solo, inaspettato, protagonista: Cristiano Biraghi.

Perché Biraghi goleador è il brutto anatroccolo che si trasforma in cigno. E’ Calimero, il pulcino nero, che esce lindo e profumato dal mastello di Ava (… come lava!). E’ il rospo che si trasforma in principe, non a caso azzurro.

Biraghi non è un campione, ma la dimostrazione che lavorando duro si può migliorare. Che se si è professionisti seri e si resta concentrati fino all’ultimo minuto, anzi oltre, facendosi trovare al posto giusto nel momento giusto, si può riscattare in un secondo una partita fino a quel momento non certo da raccontare ai nipoti.

Quindi chapeau Biraghi. Ma non ti montare la testa che alla prima diagonale sballata i fischi sono sempre in agguato. Firenze è fatta così.


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