Italiano ha superato un nuovo banco di prova. E' il momento giusto per mettersi a sedere e riconoscere i meriti del tecnico. Un uomo che entra nella testa dei giocatori
Se qualcuno avesse avuto dei dubbi, i dubbi non ci sono più. Se la cessione da parte della Fiorentina di Vlahovic poteva essere un nuovo banco di prova per Italiano, al momento, è stato superato anche questo.
Certo, meglio non esagerare. Italiano non fa i miracoli, ma sicuramente è la perfetta incarnazione dell’allenatore moderno. Un mix di qualità tecniche e umane, che stanno facendo la differenza nello spogliatoio. Ci perdoni Pradè, che in un lancio di entusiasmo ha dichiarato che conta più la squadra dei singoli. Oggi, questa frase, può starci. Domani, ci auguriamo, che i migliori rimangano. Perché soltanto così si crea un gruppo forte, si arriva lontano, si vince.
Intanto, la speranza, è che questa nuova energia ritrovata (dopo un gennaio emotivamente particolare) continui e che tutti (proprio come avevamo chiesto e sperato), riescano a dare qualcosa in più del solito. In questo momento, il gruppo, la fame, l’energia, sta facendo pari con una partenza che, per forza di cose, andrà gestita nel tempo. Ma che, con un Piatek così, con un Ordiozola così, con un Amrabat come quello visto a La Spezia, al momento non ha lasciato contraccolpi troppo pesanti.
La Fiorentina rimane da Europa, con una partita ancora da recuperare, e in semifinale di Coppa Italia. Difficilmente avremmo potuto sperare in risultati migliori. Ma al di là di questo, appunto, l’aspetto che fa più impressione è l’abilità del tecnico, la sua capacità di penetrare nella testa e nei piedi dei suoi calciatori. Ad Italiano va affidato il progetto tecnico, ora più che mai non ci sono più dubbi. Aiutandolo, magari, tenendo i migliori e costruendo assieme a lui una squadra formato europeo. Perché qualche scivolone inevitabilmente ci sarà, perché non sempre le ciambelle nascono con il buco, perché il calcio nasconde sempre insidie e sorprese. E Italiano merita di avere le spalle coperte. Con lui, la Fiorentina, può davvero ripercorrere i cammini più importanti e più longevi. Come fece un certo Prandelli, quello della prima era.
Siamo a primavera, il momento giusto per mettersi a sedere. E per riconoscere, comunque finisca la stagione, i meriti ad un tecnico che anche senza Vlahovic sta andando avanti a testa bassa per la sua strada, con la sua filosofia: lavoro, gioco e attacco. Al momento una miscela vincente.