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Nella lunga intervista al BSMT, podcast di Gianluca Gazzoli, Edoardo Bove ha parlato anche del presente e delle sue sensazioni dopo il malore accusato, che lo sta costringendo a uno stop forzato dal calcio: "Non avevo chissà che tipo di ansia, stavo facendo il mio lavoro. Quindi lì ti chiedi: ‘il mio corpo vuole darmi un segnale o un messaggio? Sto sbagliando qualcosa?’. Quando succedono queste cose al di là del motivo medico, perché succedono in certe occasioni e non in altre? Non ho mai avuto un’avvisaglia, niente. Non c’è stata una diagnosi vera e propria. Ed è anche peggio per me. È un momento di instabilità: un giorno devo smettere di giocare a calcio, poi posso tornare in Italia. La speranza è quella che poi porta tutti a viverla in un certo modo. Un giorno ti dicono una cosa, poi quello dopo un’altra. È difficile. Come la sto vivendo? È alti e bassi. Il giorno sto bene, poi arriva un risultato di una visita, poi un altro. Uno deve essere bravo a ritrovare il proprio equilibrio. Mi sento un supereroe con tutta l’energia del mondo, ma non ho 15 anni. Un po’ di esperienza l’ho avuta. Non ne ho 35… è un’età di mezzo che se non sono bravo a gestire nel modo giusto rischio di lasciarmi trasportare. Per assurdo sulla mia identità. Quando nasci con una strada segnata, io sono sempre stato fortunatissimo. Mi è andato sempre tutto bene, senza avere chissà quali intoppi. E adesso sto vivendo come un ragazzo di 23 anni che non ha ancora trovato la sua strada o passione. Questa cosa un po’ mi spaventa. Io non so se potrò tornare a giocare a calcio. Adesso sto iniziando a vivere perché è una vita completamente diversa. È bello perché ho più libertà, ma sento di non essere l’Edoardo di prima. È anche una ricerca di me stesso. Io provo a ricominciare tutto quello che ho fatto, i sacrifici passati.

Lo devo a me e a chi mi vuole bene. poi analizzerò se sono tranquillo e sto bene, però non mi sento di mollare così proprio per l’età che ho. Quella è la prima cosa se i dottori mi danno l’ok. Eriksen l’ho sentito subito proprio, è stato carinissimo. Non ci conoscevamo, mi ha mostrato la sua vicinanza. Anche con Son. Poi alla fine… c’è una sorta di vicinanza per quello che uno vive. Magari vieni associato. Un consiglio? Ha detto che la prima cosa è stare tranquillo, riposarmi e fare tutte le visite del caso. È quello che conta. Come vivono le persone attorno a me? È un tasto dolente. È più quello che ha destabilizzato un po’. Io sono sempre stato abituato a vivere un determinato tipo di pressioni mediatiche e mi reputo abbastanza forte però quando vedi i tuoi cari in difficoltà ti senti impotente. Ed è un po’ quello che mi ha fatto star male. Sono uscite tante notizie, molte non vere. Quando ero in ospedale, ognuno cercava di dire la sua e di trovare una risposta minando un pochino la tranquillità dei miei. Io sono più che abituato a questo, ma non mi devi toccare le persone accanto a me. 

Mi ha fatto male non poter far nulla per aiutare. La stanno vivendo in modo pesante, hanno rischiato di perdere un figlio. Non posso immaginare cosa significhi. Come li ho visti in quel periodo e tuttora vedo strascichi sono dovuti a quello che è successo. È un argomento delicato, so quanto hanno fatto tutti per me e sono riusciti a darmi tutto pur se stavano vivendo un momento critico. Io l’ho affrontata con grande maturità, forse troppa. Mi dovevo sentire più bambino, mi è arrivata dopo la tristezza. I miei genitori questa tristezza l’hanno avuta da.. loro erano allo stadio, l’unica che non c’era mia nonna. Per fortuna erano tutti allo stadio. Mi immagino fossero stati a casa dopo che hanno chiuso il collegamento.. almeno hanno visto dove andavo con l’ambulanza. Un amico di famiglia è entrato in campo, hanno seguito l'albo mulanza, sapevano subito tutto. La parte più critica è stata la notte: non sapevamo come mi sarei svegliato se avessi avuto dei danni cerebrali. Non sapevano se avrebbero avuto di nuovo l'Edoardo che conoscevano, li ha destabilizzati molto. Stanno facendo un percorso per recuperare da ciò che è successo. Sto facendo un tipo di analisi su me stesso che è davvero faticosa. Non puoi mentire, non puoi scappare da certi pensieri. Durante la vita frenetica magari non hai tempo di soffermartici. Ma una volta fatta ti fa fare uno step di crescita. Sarà uno degli snodi che mi farà crescere di più. Il momento più difficile? L'idea di smettere di giocare a calcio per me è inconcepibile. E come faccio? E poi ci sono tutte delle cose attorno. È sempre girato tutto intorno a quello e poi te lo levano. Io so chi è Edoardo col calcio, ma senza? Non ho paura di scoprirlo, ma temo che non piaccia a me, alla mia famiglia o alla mia fidanzata. Perché magari è una versione di me che non è quella che vorrei". 

Bove: "Mi sono sempre sentito un supereroe, adesso sono più vulnerabile. Vi racconto cosa ricordo di Fiorentina-Inter e del mio risveglio in ospedale"
Al podcast di Gianluca Gazzoli, BSMT, ha parlato Edoardo Bove in una lunga intervista. Il centrocampista della Fiorentin...


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